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“Filosofia minima del pendolare” di Bjӧrn Larsson: il diario di bordo di un accanito viaggiatore

Uno degli autori svedesi più noti in Italia mette momentaneamente in pausa la sua frenetica vita da pendolare per tornare in libreria a raccontarcela, in questo resoconto personale ricco di episodi di vita vissuta e di riflessioni sugli esseri umani, nel quale ogni lettore – soprattutto se avvezzo al viaggio – potrà facilmente riconoscersi.

Se si dovesse riassumere la filosofia di questo racconto in una sola frase, questa potrebbe essere: “Prendi sempre il primo treno che arriva al binario, anche se è pieno zeppo e c’è solo posto in piedi. Del futuro non ci si può mai fidare”. Con questo consiglio il 29 gennaio 2025 è tornato in libreria il filologo, traduttore, docente e appassionato velista Bjӧrn Larsson, uno degli scrittori svedesi più noti a livello europeo. Già autore di numerose opere, per la maggior parte pubblicate in Italia da Iperborea (I poeti morti non scrivono gialli, Bisogno di libertà, Il porto dei sogni incrociati), ha ottenuto numerosi riconoscimenti, come il Premio Grinzane Biamonti, il Premio Elsa Morante, il Premio Boccaccio Europa e il Prix Mèdicis in Francia. La sua Filosofia minima del pendolare (Iperborea, traduzione dallo svedese di Andrea Berardini) è una sorta di diario personale in cui, prendendo spunto dalla propria lunga e collaudata esperienza di pendolare tra Danimarca, Svezia e Italia, propone al lettore una serie di aneddoti ed episodi – talvolta divertenti – legati a questa parte della sua vita, da cui scaturiscono spesso importanti riflessioni sulle persone e sulla vita in generale, con vari riferimenti anche a grandi personaggi della letteratura quali George Orwell, Samuel Beckett e Simone De Beauvoir. Larsson ripropone in quest’opera alcuni dei suoi temi classici, come il viaggio, lo sradicamento e il bisogno di libertà, traslandoli dal fantasioso mondo del romanzo alla dimensione decisamente più reale della vita quotidiana e, in particolare, di quella del pendolare che, per lavoro o per amore, si ritrova tutti i giorni, per interi anni, alle prese col trasporto pubblico (autobus, treni, aerei, navi o traghetti che siano). Autodefinendosi “il testimone” per tutto il corso del libro, l’autore cerca, ripercorrendo anche fasi ed episodi della propria vita, di dare dignità al fenomeno del pendolarismo (troppo spesso tenuto poco in considerazione e dato per scontato dai funzionari e dai politici responsabili del trasporto pubblico) che, con il suo incessante spostamento da un punto di partenza a un altro di arrivo, lui stesso definisce “tre puntini tra parentesi”, restituendo al lettore quella sensazione di sospensione temporale che quasi sempre porta con sé e trasformandolo quasi, come suggerisce il titolo stesso, in una filosofia di vita.

Così racconta dei vari mezzi su cui ha viaggiato e di quali tratte ha percorso, offre consigli su come fronteggiare i vari imprevisti che sono sempre dietro l’angolo, confronta la qualità del trasporto pubblico dei diversi Paesi in cui ha viaggiato, ci dice come scegliere il posto a sedere migliore e come riconoscere i diversi tipi di viaggiatore in base a quello che scelgono loro, riflette sulle battute spesso frivole e senza senso che le persone scambiano tra loro o al cellulare mentre viaggiano, tira un sospiro di sollievo al pensiero di essere stato fortunato e di non essere mai incappato in incidenti troppo gravi (che andrebbero considerati, a questo punto, come infortuni sul lavoro); espone la teoria della particolare percezione del tempo provata dal pendolare a seconda che il mezzo su cui viaggia sia fermo o in movimento e ripensa a quando, ingenuamente, era convinto che proprio su uno di questi mezzi avrebbe incontrato la donna di cui si sarebbe innamorato. Il tutto fermandosi, di tanto in tanto, a riflettere su come, in molti aspetti, le abitudini delle persone siano cambiate col tempo, con una parentesi finale anche sul periodo della pandemia da coronavirus e sulle conseguenze che essa ha avuto sui viaggiatori accaniti come lui. Insomma, chi ha viaggiato anche solo una volta nella vita non può non riconoscersi in almeno uno dei casi descritti o non tornare con la mente a un episodio vissuto simile a uno di quelli raccontati da Larsson.

La morale della favola, se di favola si tratta, è che il pendolarismo sia al tempo stesso una grande scuola di vita, ma anche una sorta di vero e proprio lavoro e che, chi lo pratica, viva il viaggio come un tempo sospeso, staccato dalla realtà, che lo porta da un luogo all’altro nel mondo non facendolo sentire veramente a casa mai da nessuna parte.

Sveva Ghilardi