“Heartstopper”: il graphic novel cult di cui avevamo bisogno
Quando ho sentito parlare per la prima volta di Heartstopper è stato grazie a un’adolescente che mi ha consigliato di leggere questo graphic novel diviso in quattro volumi. Il mio primo pensiero è stato: grazie, ma no grazie. Questo perché, leggendo la trama, ho dato per scontato che sarebbe stata la solita storia LGBTQ+: triste e irrealistica.
La sinossi è molto semplice: Charlie, studente di un istituto superiore inglese, si innamora di Nick, quarterback della squadra di rugby della scuola, e si unisce al team nonostante i consigli contrari del suo gruppo di amici. Con questa premessa si potrebbero immaginare innumerevoli cliché che conducono la storia a un finale ben poco allegro, se non addirittura tragico, ma così non è: Alice Oseman, autrice dei fumetti, ha deciso di creare una storia d’amore pulita, lineare, senza drammi immotivati che troppo spesso contornano storie omosessuali, dando vita invece a un safe space per milioni di adolescenti e giovani adulti, queer e non, in tutto il mondo. Il centro dell’universo di Heartstopper è l’amore in tutte le sue forme: il primo amore, l’amore di una madre per il proprio figlio, l’amore fraterno, quello tra amici, il tutto affrontato in modo così naturale che il titolo della serie diventa inevitabilmente realtà anche per il lettore.
“Heartstopper”, infatti, è un termine inglese che sta a indicare un particolare stato emotivo, ovvero quando una persona si sente come se il suo cuore si fosse fermato. È ciò che accade ai protagonisti della saga, i cui sentimenti si mischiano con quelli del lettore, rendendolo in grado di immedesimarsi nei personaggi proprio grazie alla loro purezza.
Il successo del semplice
Parlando di numeri, Heartstopper nasce originariamente come webcomic sulla piattaforma Tumblr, dove ottiene fin da subito un dignitoso successo, e in seguito viene pubblicata fisicamente dalla casa editrice Hachette, con milioni di copie vendute. Sul web le strisce digitali passano a Tapas e infine a Webtoon, la piattaforma sudcoreana dedicata ai fumetti online, ottenendo circa un milione e duecentomila abbonati.
Successivamente l’autrice collabora con la casa editrice Harper Collins pubblicando il suo primo romanzo Solitaire. A occuparsi della pubblicazione italiana oggi è la casa editrice Mondadori, a cui ho chiesto i dati del ricavato dopo l’uscita dell’adattamento televisivo sulla piattaforma Netflix.
Imbattendomi nelle copie fisiche dei fumetti, la prima caratteristica importante che ho notato è stata la scelta delle copertine: colori pastello, disegni semplici e lineari, un sottotitolo generico per il primo volume. Nel nostro Paese – a parte, ovviamente, la traduzione in italiano – il paratesto è rimasto del tutto invariato.
Luana Spada, della sezione Marketing Oscar, spiega che:
«A partire dalla settimana 13 (classifica GFK), quindi dal 28 marzo [2022 ndr] circa (lo spot è stato caricato il 13 aprile) abbiamo visto un sostanziale incremento di venduti settimanali del 1° e del 2° volume, mentre gli altri si attestavano sui costanti venduti settimanali riscontrati dall’inizio dell’anno.
Dalla settimana 16 (inizio serie), quindi intorno al 18 aprile, le vendite si sono raddoppiate, per arrivare nelle ultime settimane a quintuplicarsi»
I numeri dopo Netflix mostrano una realtà lampante: le persone hanno bisogno di prodotti come Heartstopper
La serie televisiva targata Netflix, sceneggiata dalla stessa Alice Oseman, è stata in grado di consacrare definitivamente il successo della saga. Solamente nei primi dieci giorni di uscita, quindi tra il 22 aprile e il 1 maggio, la serie ha ottenuto oltre ventiquattro milioni di ore di streaming, diventando il quinto show più guardato in quel periodo. Se si tiene conto che ogni episodio ha una durata massima di mezz’ora per un totale di otto episodi, si fa presto a capire l’impatto ottenuto non solo a livello televisivo, ma anche editoriale: infatti, quando avviene una contaminazione di genere tra prodotto originale e adattamento televisivo, inevitabilmente il lavoro delle case editrici si rinnova.
Ho chiesto a Marco Rana, editor della collana “Oscar INK” curata da Mondadori, di rispondere ad alcune mie domande in merito.
Come si sviluppa la comunicazione di questo prodotto? Si lavora a contatto con Netflix per decidere come orientarsi nella promozione o decide tutto la casa editrice?
La collaborazione con Netflix è limitata alla fornitura e all’approvazione dell’artwork per le eventuali fascette. Questo non vuol dire che la loro comunicazione non abbia un forte impatto sulla nostra (abbiamo ripreso i vari trailer e lavorato intorno al loro lancio), ma le logiche di Netflix prescindono dalla dimensione editoriale dei libri da cui sono stati tratti i loro adattamenti sui singoli mercati.
La scelta di lasciare il titolo originale è volontaria, c’è uno studio dietro o è stata una richiesta autoriale?
Volontaria. All’interno delle collane di “Oscar Vault” lasciamo spesso spazio ai titoli originali per una questione di omogeneità comunicativa, di sensibilità e di coerenza con le abitudini e le aspettative del target.
Qual è il processo dietro la pubblicazione di un graphic novel estero diventato famoso su piattaforme come Tumblr e importato? Quali aspetti sono stati presi in considerazione in questo caso?
Non c’è un processo-tipo. In questo caso abbiamo immediatamente colto la specificità della voce di Alice Oseman, di cui pubblichiamo anche i romanzi,; perfettamente sintonizzata con il gusto e la sensibilità dei nostri lettori. Il fatto che la forma originaria fosse quella di un fumetto è stato incidentale: a guidarci è stata la storia, prima di tutto.
È anche grazie a questa storia se oggi moltissimi adolescenti in tutto il mondo hanno avuto il coraggio di confidarsi con le persone a loro care o semplicemente hanno realizzato di non essere soli, immedesimandosi in Charlie, Nick, Elle, Tara, e Tao, riconoscendo l’importanza di Heartstopper e creando un vero e proprio movimento online dedicato a questo universo. Ma non solo: adulti di ogni età, sui social, hanno parlato dell’importanza di storie simili per le nuove generazioni, nella speranza che il loro futuro possa essere migliore.
Credo da sempre nella meraviglia delle parole e nel loro potere di fare del bene e, a mio parere, Heartstopper è brillantemente riuscito nell’impresa, aiutando chi ne ha avuto bisogno e regalando dei piccoli momenti di serenità e di speranza. Perché è questo ciò che viene richiesto quando si parla di “giusta rappresentazione”: attimi di vita quotidiana, momenti felici ma anche di difficoltà, normalissime gite di classe, tempo libero speso con gli amici, discorsi tra madri e figli che dovrebbero essere naturali; non trame hollywoodiane fitte di tradimenti, non tragedie greche tempestate di dolore, malattie e morte.
Perché «è difficile essere sicuri di sé quando tutto ciò che le persone vedono quando mi guardano è lo stereotipo di un ragazzo gay».
(Charlie Spring, Heartstopper la serie, stagione 1).
Martina Marando
Si ringrazia per l’intervista e i dati di vendita inseriti all’interno di questo articolo la casa editrice Mondadori, in particolare Chiara Ottolini, Web & Social Media Marketing Specialist, Marco Rana, Editor, e Luana Spada, Marketing.