«Scrivere per i lettori del futuro»: intervista ad Anna Lavatelli
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«Scrivere per i lettori del futuro»: intervista ad Anna Lavatelli

L’amore di Anna Lavatelli nel raccontare storie nasce da ragazza, quando riceve in regalo un piccolo teatrino e dei burattini, con i quali intrattiene i giovani del suo quartiere. La passione per la narrazione l’ha accompagnata per anni, tanto da convincerla a intraprendere una carriera da autrice che prosegue ancora oggi. Tra i suoi libri ricordiamo Paola non è matta (Piemme, 1994) con cui vince il premio Battello a Vapore e Malik e i Re Magi (Arka, 1995) il premio europeo Pier Paolo Vergerio. Nel 2005 riceve il premio Andersen come miglior scrittrice dell’anno e ad oggi può vantare un totale di oltre settanta libri di sua produzione.

Il mondo dell’editoria abbraccia una fascia di pubblico che va da grandi a piccini, oltre a generi narrativi sempre più vari. Lei però è sempre stata fedele a una particolare categoria di lettori: come mai ha deciso di scrivere storie proprio per i più giovani?

Inizialmente credevo fosse stata una scelta legata ai miei studi letterari, avendo poi iniziato a lavorare in una scuola media. Però c’era dell’altro: da una parte il fatto che i libri più importanti della mia formazione, ma anche della mia vita quotidiana, sono stati proprio i libri che ho letto da ragazza. Quei libri mi hanno fatto appassionare alla lettura, tanto da rileggerli più volte fino a imparare a memoria le storie che raccontavano. L’altro motivo che mi ha portata a rivolgermi ai giovani è perché ancora oggi credo che se c’è un valore all’interno della scrittura per ragazzi è il fatto di scrivere per il futuro. A partire da una semplice storiella si può sviluppare un intero romanzo che potrebbe avere un grande valore per un giovane, non tanto per ciò che quella storia racconta, ma per quelle poche righe o quel personaggio in cui il lettore si immedesima o ritrova parte di sé, del suo pensiero, del suo desiderio. Sono proprio queste sensazioni che costruiscono il futuro di una persona.

Crede che sia più difficile cercare di trasmettere un messaggio nei lettori adulti o nei più piccoli?

Credo sia più difficile trasmettere qualcosa ai giovani, ai quali, soprattutto nella fase adolescenziale, risulta difficile accettare un consiglio proveniente da un adulto. Un libro però è qualcosa che va al di là, che riesce a comunicare anche con i più piccoli proprio raccontando una storia. È anche vero che un adulto potrebbe cogliere la bellezza di una scena descritta, che però non gli trasmette nulla; in un giovane invece la stessa scena, per quanto semplice, potrebbe suscitare qualcosa di forte, comunicandogli un messaggio importante, tanto da convincerlo che quella frase fosse stata scritta proprio per lui.

Alcune delle sue storie sono accompagnate da illustrazioni: in questi casi lavora direttamente a contatto con l’illustratore per la progettazione dei personaggi o dà spunti per la realizzazione del disegno?

Il più delle volte è l’editore che sceglie le illustrazioni da inserire all’interno della storia, mentre l’approvazione dell’autore viene richiesta a lavoro finito. Ma capita anche di lavorare direttamente con gli illustratori, scegliendo insieme lo stile del disegno o i colori da utilizzare. Questo però, dal punto di vista editoriale, può rallentare i tempi di produzione del libro. Perciò si tende ad affidare il lavoro a disegnatori professionisti che, con i loro strumenti, sono in grado di consegnare un ottimo lavoro in un tempo relativamente breve.

Quanto influisce la scelta delle parole da utilizzare all’interno del testo per comunicare al meglio con i bambini?

È importante che un autore scriva utilizzando un linguaggio consono all’età del bambino, con termini vari che includano anche parole più difficili ma comprensibili. Questo è importante per lo sviluppo del bambino, il quale sarà in grado di comunicare al meglio utilizzando proprio le parole apprese durante la lettura. È giusto che i racconti abbiano una morale nascosta, ma la storia non deve essere troppo educativa. Bisogna ricordarsi che la narrazione deve essere innanzitutto un gradevole passatempo, qualcosa che permetta al bambino di esprimere al meglio ciò che prova. Per me la cosa più importante è che i bambini possano amare la lettura attraverso le storie che scrivo.

C’è una sua storia alla quale è particolarmente affezionata?

Visitando una mostra sui gulag russi al museo di Novara mi sono resa conto che non esistevano storie per ragazzi che raccontassero tali crudeltà: ho deciso quindi di scriverne una io. Cercando in varie biblioteche mi è capitato tra le mani uno scritto di una donna sopravvissuta ai gulag, trasferitasi poi in Italia. Prendendo spunto da questo ritrovamento ho dato vita alla storia di Olga, una signora anziana che incontra un’adolescente sconsolata, con cui instaurerà una bellissima amicizia. In I segreti di Olga (Coccole Books, 2020) si trova tutto il disorientamento della mia adolescenza e mi ricorda la saggezza e la fermezza di mia nonna quando andavo a chiederle aiuto. Questa storia è una sorta di educazione sentimentale: si può sempre imparare a moderare i propri sentimenti e a rapportarsi con le persone nel modo migliore.

 

Denise Fascini