Intervista Cecilia Perucci
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La passione è il motore per lavorare in editoria: Intervista a Cecilia Perucci

«Non si può lavorare nel modo dell’editoria se non si ha la passione».

È così che Cecilia Perucci delinea il suo lavoro. Dal 1994 è direttrice editoriale per la casa editrice Corbaccio, fondata nel 1923 da Enrico Dell’Oglio. Dapprima nell’ambito redazionale per TEA e in seguito nell’ufficio diritti della casa editrice Longanesi, la sua proverbiale cordialità e il suo spiccato amore per i libri la portano ad averne cura dall’inizio (dal momento in cui il manoscritto è pressoché un’idea) alla fine (la sua pubblicazione). D’altronde, la Corbaccio pubblica «libri che fanno sognare» e questo è il loro obiettivo come azienda. Tra i loro innumerevoli autori si annoverano Jon Krakauer, Wulf Dorn, Jon Kabat-Zinn, Thomas Mann.

Come sceglie quali libri pubblicare? Si fa guidare da un guizzo di creatività o predilige una logica ma ferma direzione?

I fattori sono diversi: la Corbaccio riceve in modo tempestivo e in anticipo sull’uscita le nuove pubblicazioni estere dagli scout sparsi nel mondo o segnalazioni quotidiane dagli agenti letterari. In base a un interesse internazionale e a un pizzico di fortuna, si sceglie di seguire un libro nel quale si crede e sulla quale vi è un’attenta ricerca, valutando i vari dati. Un libro può diventare molto più di quello che uno si prospetta e infatti molto spesso i grandi successi nessuno li prevede. Bisogna crederci, però anche riconoscere che non è una scienza esatta.

Può raccontarci qualche curiosità su una collana o su un libro in particolare che ha catturato la sua attenzione?

Molti libri catturano la mia attenzione e sicuramente La profezia di Celestino di James Redfield è uno tra questi. Ha venduto migliaia di copie. Il protagonista cerca un manoscritto misterioso, grazie al quale intraprenderà un viaggio di formazione, le cui tappe comportano per lui una crescita spirituale che lo guiderà nella sua ricerca. Quando ho letto il libro, possedevo alcune informazioni a riguardo. L’autore l’ha stampato autonomamente per poi essere riconosciuto e pubblicato da un editore. Dopo 25 anni dalla prima edizione, il libro continua a essere ristampato e riscuotere un grande successo.

Alcuni dicono che il libro stampato stia morendo, soprattutto con l’avvento del digitale. Lei crede in questo?

I lettori, quando amano uno scrittore in particolare, adorano il contatto con il libro. L’ebook è usato per comodità, quando si è in viaggio, o semplicemente vi è una certa preferenza. Inoltre, secondo alcuni studi, è stato dimostrato che il nostro cervello memorizza ciò che vede su carta mentre tende a dimenticare più facilmente quello che vede sullo schermo. La saggistica in ebook ha molto meno esito per esempio, perché si ha bisogno di consultare il testo. Come gruppo editoriale, stiamo dando invece molta importanza invece agli audiolibri che rispondono ad altri tipi di esigenze: nei momenti liberi, si può decidere di ascoltare anche un determinato tipo di voce che può risultare piacevole e, se si fanno più cose, aiuta a risparmiare tempo. Che vengano narrate intorno al fuoco o vengano lette personalmente su carta, l’uomo ha bisogno di raccontare e leggere storie.

Oltre alle novità e al ricco catalogo, cosa ci riserverà la Corbaccio del futuro?

Al momento vogliamo dare più spazio alla narrativa italiana. La Corbaccio ha delle collane che sono punti fermi come quella della saggistica, che continueremo a pubblicare con soddisfazione, o quella dei classici del Novecento, “I grandi scrittori”, o senz’altro anche quella della “Narrativa”, che finora ha privilegiato la narrativa straniera. Abbiamo avuto anche autori italiani ma attualmente cerchiamo nuove voci, anche tra esordienti.

Potremmo aspettarci qualche romanzo scritto da lei? Se sì, su quale tema verterebbe?

Non mi è mai passato per la mente di scrivere. A me piace leggere e mi piace leggere i libri degli altri. Io faccio un lavoro dietro le quinte e mi piace essere lì.

C’è un libro specifico che porta sempre con sé e che rilegge di tanto in tanto?

Terrò sempre con me alcuni libri di cui sono molto fiera. E se devo citarne uno è il libro della dottoressa Edith Eva Eger, La scelta di Edith. È un memoir ma non solo: è la storia vera dell’autrice, quando, da ragazza insieme con il resto della famiglia, fu deportata ad Auschwitz. La scrittrice ungherese racconta il tutto in maniera insolita: la prima parte è il racconto della cattura, dei campi di concentramento e di come sia riuscita a salvarsi, mentre, nella seconda parte, lei rivendica il controllo della sua vita e decide di non essere più una vittima. Diventa psichiatra e aiuta i soldati affetti da sindrome post traumatica per cercare di spiegare alle persone che si può reagire alle cose più atroci e riprendere a vivere. Un capolavoro.

Un consiglio per chi vuole lavorare nel mondo dell’editoria.

Non è un mondo semplice. I master sono una bellissima invenzione perché servono a dare un’idea concreta a chi frequenta di cosa sia l’editoria in quanto industria. Consiglio di cercare per prima cosa collaborazioni, per esempio se si ha un interesse per la traduzione candidarsi per questo sarebbe anche un buon inizio. Fondamentale è la passione per questo lavoro.

Maria Calatafini