“Quanto blu”. Recensione con intervista a Massimo Bocchiola
È da poco in libreria il romanzo Quanto blu di Percival Everett, edito da La nave di Teseo, nella traduzione di Massimo Bocchiola, a cui ho posto qualche domanda.
Traduttore che non necessita di presentazioni, Massimo Bocchiola ci ha permesso di leggere in Italiano autori come Rudyard Kipling, Samuel Beckett, F. S. Fitzgerald, Thomas Pynchon, Paul Auster, Martin Amis, Joseph O’Connor, Irvine Welsh, Charles Bukowski, Tim Parks. Per la sua attività, nel 2000 ha ricevuto il Premio Nazionale per la Traduzione del Ministero per i Beni Culturali. È anche autore di alcuni libri di versi: Al ballo della clinica (Marcos y Marcos, 1997), Le radici nell’aria (Guanda, 2004) e Mortalissima parte (Guanda, 2007); dei saggi: Mai più come ti ho visto (Einaudi Stile Libero 2015) e Mai più come ti ho visto. Gli occhi del traduttore e il tempo (Einaudi Stile Libero, 2015); del romanzo Il treno dell’assedio (Il Saggiatore 2014).
La traduzione di Quanto blu è uno dei suoi ultimi lavori.
di: Marzia Ammendolea/Master 2020
Il romanzo Quanto blu di Percival Everett
Nel romanzo Quanto blu, la storia del pittore Kevin Pace è raccontata attraverso tre periodi salienti nell’arco di trent’anni: la sua vita nei pressi di Boston, con la moglie Linda e i due figli; la breve storia con Victoire, vissuta dieci anni prima a Parigi; e il viaggio in Salvador insieme all’amico Richard nel 1979, durante lo scoppio della guerra civile. Tre periodi scanditi dall’alternarsi dei capitoli “Casa”, “Parigi” e “1979”, che si susseguono intrecciandosi più volte. Fino a rivelare il dolore che Kevin ha nascosto per anni, prima nell’alcolismo e poi nel suo lavoro.
I tre periodi della vita del protagonista vengono raccontati con registri diversi. In “1979”, in uno scenario violento, i personaggi hanno spesso paura e il linguaggio è molto diretto e volgare. Negli episodi di “Casa”, prevale l’interpretazione della sottile complessità familiare. Nei capitoli di “Parigi”, i toni intimi e leggeri collidono con una vaga cognizione d’inconsapevolezza.
Un elemento ricorrente nel romanzo è il segreto. I segreti fondano e distruggono le relazioni. Esiste un equilibrio difficile ma necessario tra quello che deve essere nascosto e quello che deve essere detto. Kevin sta dipingendo un quadro che non vuole mostrare. Almeno finché non comprende di non avere più debiti col passato.
I segreti del traduttore: intervista a Massimo Bocchiola
Marzia Ammendolea: Traducendo questo romanzo, si è creato un dialogo tra lei e l’autore Percival Everett?
Massimo Bocchiola: Dialogo diretto no. Non ci siamo mai parlati. Dialogo indiretto sì. Succede (quasi) sempre quando l’autore ha più o meno la nostra stessa età. Se la distanza culturale non è troppa, ci sono motivi di intesa e di sintonia.
M.A.: Kevin è un pittore e usa i colori anche con le parole. Spesso li nomina con precisione professionale (titanato di nichel, blu manganese chiaro, arancione cadmio). Questo tecnicismo è una sfida per un traduttore?
M.B.: Non proprio una sfida, qui direi che si deve procedere come nella traduzione, appunto, tecnica. In sostanza, non traducendo alla lettera ma verificando che le denominazioni in italiano corrispondano.
M.A.: I tre periodi della vita del protagonista vengono raccontati con registri diversi. Com’è stato rendere i differenti registri del romanzo?
M.B.: Non ricordo di aver seguito una procedura particolare. Direi che il traduttore fa un’analisi linguistica, trae delle conclusioni e le modula secondo il proprio orecchio.
M.A.: C’è un passo nel libro in cui due personaggi, di lingua diversa, non si comprendono a causa di una metafora intraducibile. Quasi una metafora della traduzione. Come l’ha affrontata?
(Riporto il brano)
“Ma non hai bevuto il tè”.
“Sarò buono per la prossima guerra”.
“Cosa significa la prossima guerra?”
“Prendiamo il tè un’altra volta. Domani. Adesso devo andare”.
M.B.: L’ho resa con un modo dire italiano (soldato che fugge è buono per la prossima guerra).
M.A.: Nel romanzo, tutti hanno dei segreti. Restando in tema: qual è il segreto di una buona traduzione?
M.B.: Domanda impegnativa. Ce ne possono essere tanti, di segreti. Per dirne uno, tradurre in una lingua credibile, non da libro stampato (paradosso quanto mai apparente!).
Marzia Ammendolea
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