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Alessandro Barbero e il suo “Romanzo russo” al Salone del Libro di Torino 2025

Alla trentasettesima edizione del Salone del Libro di Torino non poteva mancare Alessandro Barbero: storico e romanziere, ha tenuto numerose presentazioni nel corso delle quattro giornate, donando un importante contributo a diverse tematiche. Da La guerra delle parole a Omaggio ad Andrea Camilleri, ho deciso di concentrarmi su Romanzo russo, opera che venne pubblicata per la prima volta nel 1998 da Mondadori e poi edita una seconda volta da Sellerio nel 2024.

Durante la conferenza, tenutasi il 18 maggio all’Auditorium del Salone e presieduta dal giornalista Giorgio Zanchini, Barbero ha posto attenzione sull’ultimo decennio di esistenza dell’Unione Sovietica, tematica centrale anche all’interno del suo libro. Per lo stesso storico, gli anni di governo di Gorbaciov sono stati pieni di speranza ma estremamente brevi: il segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica salì al potere nel 1985 e già nel 1989, quindi in seguito alla caduta del muro di Berlino, si andava delineando la sua fine. Quegli stessi anni furono caratterizzati da una grande presenza di corrispondenza e di reportage da parte dei media italiani, per cui era possibile seguire minuziosamente ogni avvenimento della perestrojka

Ripercorrendo brevemente la trama, il romanzo narra storie diverse di personaggi che non si conoscono tra di loro: abbiamo il professore Viktor Obilin e la studentessa Tanja Borisovna, il giudice Nazar Kallistratovic Lappa e l’attore ebreo Mark Kaufmann. E la struttura stessa, per lo storico, è stato il punto più complicato nella stesura dell’opera. Per creare un qualcosa di funzionale e coerente ha affermato di essersi ispirato ai Promessi Sposi, studiandone il numero di capitoli e le avventure stesse dei personaggi principali. Tornando all’opera, nel 1987 scelse di parlare della Russia di Gorbaciov e di farlo in un romanzo che oggi potremmo definire storico, sebbene lo stesso autore abbia affermato che: «è diventato un romanzo storico a mia insaputa, perché ho cominciato a scriverlo mentre questi avvenimenti si svolgevano». Quindi, a differenza degli altri romanzi da lui scritti consapevolmente, Romanzo russo tratta di eventi in corso di sviluppo all’epoca e di cui, di conseguenza, non si conoscevano gli esiti. La stesura dell’opera ha richiesto dieci anni di lavoro al termine del quale il luogo in cui era stato ambientato non esisteva praticamente più, ma la decisione di parlare dell’Unione Sovietica (che Barbero, ai tempi, non aveva ancora visitato) è nata dall’amore «inspiegabile e totalitario» per la letteratura russa del ‘900 e anche per le sue idee politiche, molto vicine a quelle orientali.

Uno dei punti centrali di Romanzo Russo risiede nella figura della studentessa Tanja Borisovna e nella sua ricerca d’archivio svolta per una tesi, che la porta «a scoprire cose che non avrebbe dovuto scoprire». Il professor Barbero racconta di come sia stato stimolante e interessante per lui affrontare il tema degli archivi e di come questo romanzo gli abbia permesso di anche di parlare del suo lavoro, ovvero quello di storico. Lo studioso descrive gli archivi come luoghi in cui «lo storico parla con i morti» e declina ciò che succede nel romanzo con un avvenimento importante che ha segnato gli anni di ambientazione dell’opera: tra le varie misure prese da Gorbaciov per avvicinare l’Unione Sovietica a una democrazia («pur restando comunista»), vi fu anche quella di aprire gli archivi, all’interno dei quali è stato trovato tutto quello che si pensava fosse stato perduto.

Un altro tema fondamentale di Romanzo Russo è quello del senso di giustizia, incarnato nella figura del giudice istruttore Nazar Kallistratovic Lappa. Il professor Barbero spiega come la scelta di creare questo personaggio sia stata dettata dalla grande quantità di vicende e di storie legate alla criminalità in Unione Sovietica e dalla necessità di raccontarle. Inoltre, rileva un parallelismo tra la storia del giudice Lappa e quella della studentessa Tanja: entrambi sentono il bisogno di ricostruire quello che è successo, similmente a quello che svolgono gli stessi storici, come Barbero. Meno forte è la presenza dell’attore ebreo Mark Kaufmann, ma altrettanto fondamentale per permettere all’autore di trattare il tema della memoria storica e dell’antisemitismo sovietico. La questione ebraica e la presenza di una minoranza ebraica, sebbene al giorno d’oggi sia diminuita, era assai sentita durante il ‘900, dopo anni di persecuzioni iniziate durante gli anni zaristi e culminata in un’emigrazione di massa verso la Palestina. Anche oggi, in Israele, vi è una forte presenza di ebrei di origine russa e Barbero specifica come sia l’unico stato al mondo «in cui si continua a celebrare la vittoria contro il nazismo» (il 9 maggio e non l’8, come in Occidente), con «la parata del reggimento degli immortali». Gli ebrei russi costituivano un’élite, che a causa delle numerose persecuzioni era riuscita ad affinare capacità di sopravvivenza e intellettuali e che durante la Rivoluzione d’Ottobre decide di schierarsi in massa proprio con i bolscevichi.

Tuttavia, quando nasce l’Unione Sovietica e Stalin mette in piedi una dittatura sanguinaria, creando campi di concentramento, i dirigenti russi che li gestiscono sono in gran parte ebrei. Ma sarà solo in seguito al disastro di Chernobyl che saranno messe in luce le difficoltà e l’arretratezza dell’Unione Sovietica. Anche se numerosi burocrati russi hanno cercato di nascondere l’avvenimento, ci sarà un dramma teatrale, Il sarcofago, che andrà in scena a Mosca e in cui uno dei protagonisti è proprio Mark Kaufmann, che interpreta uno dei generali della polizia e dei servizi segreti nonostante la sua origine ebraica.       

Nella conclusione della conferenza, Alessandro Barbero ribadisce quanto sia intricato, complicato e, a tratti, contradditorio, il concetto di libertà e il mondo dell’Unione Sovietica, anche oggi, a distanza di 35 anni.

  Matilde Virdis

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