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Un grande giocattolo cartaceo (e digitale): il libro ergodico

Il libro è un’autostrada con una direzione ben precisa, e la possibilità di una breve deviazione per far rifornimento alla stazione di servizio non ne modifica la natura fondamentalmente lineare.

Gino Roncaglia, La quarta rivoluzione. Sei lezioni sul futuro del libro, Laterza, Bari 2010

 

Tutti noi siamo sempre stati abituati alle storie con un inizio, uno svolgimento ed una fine. Questo vale per una serie tv, un film o un libro. Ma vi è mai capitato di sentire parlare di letteratura non lineare, definita anche “ergodica”? Mettiamo da parte per un attimo il racconto tradizionale e il modo convenzionale che abbiamo di leggere un libro e immaginiamo di diventare noi stessi gli autori, o forse anche i protagonisti, del racconto che stiamo leggendo. Tutto questo facendo delle scelte.

 

I Ching, a cura di Richard Wilhelm e prefazione di C.G. Jung, Adelphi, 1991

Letteratura ergodica. Cos’è?

È importante comprendere l’origine della parola, coniata da Espen Aarseth nel suo libro Cybertext – Perspectives on Ergodic Literature nel 1997. Si potrebbe pensare che l’origine di tale letteratura sia quindi moderna, ma testimonianze di alcuni critici, che si occupano dell’argomento, citano l’I Ching come primo esempio di libro ergodico. Solo dopo molti anni i media hanno sperimentato questo tipo di letteratura in formato digitale.

Nella letteratura ergodica il lettore è chiamato a compiere uno sforzo in più, mentale e fisico, perché la narrazione richiede operazioni come capovolgere il libro, metterlo in obliquo o servirsi di uno specchio per poter leggere una frase riflessa. Azioni rese ancora più interessanti dall’incontro tra una tipografia ed un layout sempre nuovi che rendono dinamica e sempre diversa la lettura.

Nel caso del libro I Ching, il lettore deve unire degli esagrammi – cioè segni grafici rappresentati da sei linee diverse tra loro – e queste combinazioni danno vita a 64 esagrammi, ognuno caratterizzato da un nome, una spiegazione e un’immagine. Il lettore diventa il vero protagonista del testo, quello in grado di decidere quale tipo di narrazione dare al racconto.

Altri esempi più conosciuti sono i poemi di Queneau o i calligrammi di Apollinaire, dove le parole scritte in ordine sparso danno vita a diverse figure, o ancora quei testi dove è possibile saltare pagina a proprio piacimento.

I 64 esagrammi dell’I Ching sono la combinazione di otto trigrammi

 

Queste operazioni sono state riscontrate nell’ipertesto – strumento del web in grado di creare e organizzare contenuti di un libro digitale – e consistono nel fare clic sui collegamenti ipertestuali per saltare da una parte del testo ad un’altra o utilizzare il menù per continuare a leggere qualcos’altro in un nuovo posto. Tutte operazioni che potremmo collegare al testo tradizionale, se pensiamo alle note a piè di pagina, ai commenti, alle glosse, agli indici e ai rimandi.

 

Il caso digitale di Afternoon: A Story di Michael Joyce

Michael Joyce, scrittore e critico letterario statunitense, non ha dubbi sulla potenzialità che tali operazioni ipertestuali possano avere su un testo, escludendo le tradizionali pagine web. Pubblica grazie alla Eastgate – mix di piccola casa editrice e di casa produttrice di software nel 1999 – il primo libro digitale non lineare-ergodico dal nome Afternoon: A Story. Si tratta di un racconto sotto forma di libro-game che si rifà ad alcune sperimentazioni letterarie novecentesche come Castello dei destini incrociati di Calvino e al primo e vero libro-game Lucky Les: The Adventures of a Cat of Five Tales pubblicato nel 1967. Lucky Les è un libro per bambini il cui protagonista è il gatto Les, guidato nelle sue avventure dalle scelte del lettore.

Il libro di Joyce è costituito da diversi percorsi e a seconda di quello che il lettore sceglierà il significato dell’opera cambierà di conseguenza. Questi percorsi hanno testi brevi e molto frammentari che non raccontano storie e avvenimenti ma solo pensieri e immagini senza una collocazione temporale precisa. In conclusione, la lettura dell’opera risulta molto difficile perché l’autore spinge il lettore ad un’interpretazione del libro più che ad una comprensione, specialmente per l’assenza di un layout accattivante. Tale esperimento non porta al successo, per cui la progettazione di tali modelli letterari non ha un seguito. Lo stesso, però, non si può dire della narrazione non lineare nell’oggetto libro cartaceo.

 

Alcuni esempi di libri cartacei ergodici

Elencarli tutti sarebbe alquanto complicato, ma non citarne alcuni davvero importanti sarebbe altrettanto complicato per capire ancora meglio cosa risiede all’interno di questi libri e cosa li rende così curiosi, affascinanti e strani.

 

Composizione n°1, Marc Saporta
Credits: Popinga blog

Composizione n°1; Marc Saporta (1961)

Il libro, pubblicato nel 1961, si presenta con il packaging di una scatola che contiene il libro. Le sue pagine non sono rilegate, bensì si tratta di fogli volanti e stampati solo fronte. Il lettore deve giocare con un mazzo di carte e, a seconda del risultato, leggere una pagina del libro. Le combinazioni che vengono fuori sono infinite, infinite come le storie che il lettore può creare e poi leggere.

 

Il castello dei destini incrociati, Italo Calvino (1973)

Tarocchi presenti in Castello dei destini incrociati, Italo Calvino, 1973

Calvino affianca ad ogni pagina del libro la riproduzione delle carte dei Tarocchi senza conoscerne assolutamente il significato. È questa sua non conoscenza a rendere il libro ancor più intrigante. La non conoscenza del significato di ogni singola carta gli permette di associarla, prima o dopo, ad altre carte dal significato altrettanto sconosciuto che gli dà così modo di avere «un numero finito di elementi le cui combinazioni si moltiplicano a un miliardo di miliardi», come afferma lui stesso. La cosa interessante è che nell’intreccio di queste vicende è possibile rintracciare riferimenti collegabili a precedenti testi letterari come l’Orlando furioso.

 

 

 

 

 

Pagine interne, Mark Z. Danielewski, Casa di foglie, 66thand2nd, 2019

Casa di foglie, Mark Z. Danielewski (2000)

Fino ad ora ci siamo imbattuti in libri dove è possibile creare storie senza alcun tipo di difficoltà dal punto di vista testuale. Le pagine sono costituite da una tipografia ed un layout regolare. Ma un libro che nel 2000 diventa un vero e proprio caso mediatico ed editoriale è House of Leaves, tradotto in Italia Casa di foglie, di Mark Z. Danielwski. Il racconto attira così tanto i lettori che, dopo qualche anno, all’autore viene persino commissionato un pilot della serie tv. L’impaginazione del libro appare davvero confusionaria e difficile, proprio come la trama: un documentarista si trasferisce con la sua famiglia in una nuova casa, che è più grande al suo interno che all’esterno. Questo porta l’intera famiglia alla pazzia. Il racconto viene narrato da un ragazzo americano dopo il ritrovamento di un manoscritto in cui è raccontata l’intera storia.

L’autore decide che il modo migliore per il lettore di leggere e vivere questa storia è entrarci. Entrarci non con il solito modo di leggere a cui si è abituati, ma usando gli occhi e la mente facendo uno sforzo in più, quasi noioso perché complicato, che vede il lettore saltare da una pagina all’altra, ritrovarsi in un inferno di note a piè di pagina, parti del testo disposte a caso che formano figure e colori specifici per caratteri tipografici diversi. Il libro, in qualche modo, sfida il lettore nella dedica delle prime pagine: «Questo libro non fa per te».

Cosa aspettarci

In conclusione, leggere un libro ergodico non è affatto facile e ciò che può attirare il lettore ad acquistarlo e conservarlo – oltre che una buona composizione strutturale di segni e linearità – risiede nella volontà del lettore di collezionare l’oggetto libro, visto come un oggetto di culto da custodire in un tempio sacro, la libreria personale. Queste sono due componenti importanti, senza le quali il libro ergodico non esisterebbe e non sarebbe così attraente, a differenza dell’esperimento sul libro ergodico digitale, caduto subito nell’oblio. Senza ombra di dubbio, tali convinzioni sono dettate dall’analisi di libri digitali scritti e pubblicati negli anni novanta e, da quel momento, il mondo digitale ne ha fatta di strada.

La domanda è: cosa dobbiamo aspettarci? I libri ergodici cartacei hanno ancora una possibilità di imporsi nel mercato editoriale e di entrare nelle biblioteche di tutti, anche di quel lettore non molto forte? I giochi di carte, di ruolo, di strategia e di logica attirano bambini, ragazzi e adulti di ogni età. Bisognerebbe solo far capire loro che il libro in questione ha lo stesso scopo di un gioco, di far vivere un’avventura un po’ diversa. In questo modo si potrebbero avvicinare anche i lettori deboli all’oggetto libro.

Ma i libri ergodici digitali hanno lo stesso potere di quelli cartacei? Probabilmente solo con una buona composizione narrativa e grafica. C’è un’enorme differenza tra leggere un libro di per sé già abbastanza confuso e complicato sul web e leggerne uno cartaceo. Il toccarlo con mano, avere la possibilità di sfogliarlo velocemente, annotare quel che si vuole a matita e compiere tante altre operazioni sono pressappoco lontane dal modo di leggere e capire un libro su schermo. Quel che è certo è che, nel caso in cui l’ergodicità cartacea facesse il suo ritorno, dobbiamo aspettarci nuovi modelli di sperimentazione e progettazione di ergodicità digitale. Perché la vita del libro non è più una sola, quella cartacea, ma è anche digitale.

Catherine Vaccaro