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Un romanzo perduto fra le pagine di un diario

di Anna Chiara Sartorello

Irène Némirovsky
Suite francese
Collana: Biblioteca
Adelphi, 2005
p. 415, 20 €

suite francese1

Quando nel marzo 2015 uscì nelle sale italiane il film Suite francese, fu un successo. Dopo la toccante biografia di Georgiana Spenser, raccontata in La duchessa, film del 2008, il regista Saul Dipp si cimentò in un’ardua impresa: proporre la versione cinematografica di un libro incompiuto.

Una relazione sentimentale tormentata sullo sfondo della seconda guerra mondiale sarà sicuramente apparsa come una combinazione perfetta a confezionare un altro successo al botteghino. Così, mentre Michelle Williams e Matthias Schoenaerts interpretano sul grande schermo una delicata storia d’amore, senza mai varcare la soglia del patetico e del lacrimoso, inizia ad aleggiare nell’aria il nome di Irène Némirovsky.

Nelle vetrine delle librerie fioccano i libri la cui copertina richiama la locandina del film; all’interno, sui banchi nel mezzo, dove si ospitano le novità e i consigli del libraio, sono disposte varie copie di questo libro. La copertina attrae il lettore poco accorto e la fascetta gli conferma quello che l’occhio già sospettava “il libro che ha ispirato il film”. Probabilmente la donna che ha visto e apprezzato la versione di Dipp si avvicina al libro messo di piatto sorridendo con aria complice e, prendendo l’oggetto, lo rigira fra le mani pensando “sei una bellissima storia” e lo riposa, non sospettando neppure che il libro possa contenere molto di più del film. Magari si appunta il nome dell’autrice e cerca fra gli scaffali un’altra sua opera. Sarà forse allora, esaminando molte copertine di titoli sconosciuti, che questa Irène Némirovsky si rivelerà non essere una scrittrice emergente al suo primo successo editoriale?

Nata nella Kiev del 1903 e trasferita in Francia all’età di dodici anni, questa autrice ha fatto della lingua francese la sua forma espressiva. Non ancora ventenne aveva già dato prova delle sue abilità stilistiche in alcuni racconti apparsi su “Fantasio” attorno agli anni Venti, fino a raggiungere la celebrità con il romanzo David Golder pubblicato nel 1929. La guerra stava ormai travolgendo la Francia quando il governo di Vichy vara le leggi razziali nel 1940 impedendo a Irène, in quanto ebrea, di pubblicare i suoi racconti. Gli editori non potevano nemmeno proporre i suoi libri eccezion fatta per il temerario Horace de Carbuccia che continuò a pubblicare le sue novelle fino al 1942 anno in cui Irène viene arrestata dalla guardia nazionale. Fino ad allora aveva vissuto al riparo con il marito e le sue due figlie senza mai smettere di scrivere con il suo inchiostro preferito, l’azzurro. Qualche mese dopo l’arresto, deportata nel campo di concentramento di Auschwitz, muore di tifo rimettendo la salvezza delle figlie nelle mani di conoscenti di famiglia che avrebbero garantito la loro sopravvivenza.

Il nome di  Irène Némirovsky non fu mai dimenticato davvero ma, assieme a molti suoi colleghi, rimase nell’ombra preservando il valore delle sue opere senza mai veramente ritornare in auge. Fino al 2004. Il libro, Suite francese, appare per la prima volta in Francia per Edizioni Denoël, pubblicazione che valse molti riconoscimenti tra cui il Prix Renaudot
, premio riservato a soli scrittori viventi che viene assegnato per la prima volta a titolo postumo.

Il racconto è l’ultimo scritto da Irène, conservato in un baule assieme ai suoi effetti. Custodito fra le pagine di quello che pareva un diario personale, il romanzo rimane per molti anni sconosciuto fino a quando una delle figlie decide di aprire il baule e finalmente legge il diario della madre. Secondo gli appunti della stessa scrittrice la storia doveva articolarsi in un romanzo complesso in cinque volumi che avrebbero dovuto comporre un «poema sinfonico»: «il libro in sé deve dare l’impressione di essere semplicemente un episodio… com’è in realtà la nostra epoca, e indubbiamente tutte le epoche. La forma, dunque… ma dovrei dire piuttosto il ritmo: il ritmo in senso cinematografico… collegamenti delle parti fra loro. Tempête, Dolce, dolcezza e tragedia».

I primi «due movimenti», denominati Tempête en juin (Tempesta in giugno) e Dolce, sono le parti portate a termine e che possiamo leggere nelle edizioni italiane di Adelphi e di Newton&Compton del 2005, di Editori Internazionali Riuniti e Garzanti del 2014 e, in ultima, di Feltrinelli del 2015.

I due racconti sono molto diversi, il primo offre al lettore uno sguardo d’insieme mentre l’altro si concentra sulle vicende di un piccolo paesino invaso dall’esercito tedesco.

Il veloce ritmo narrativo di Tempesta è scandido da piccole vicende i cui protagonisti si fanno portavoce della società parigina. Il ricco e il povero, la ricca borghesia e la servitù, l’impiegato e l’imprenditore, l’uomo di valore e l’uomo comune, il raffinato e il rozzo si confrontano costantemente sul comune campo della paura e dell’angoscia che li sta travolgendo. In un contesto tanto critico i protagonisti si aggrappano più che mai alla propria identità di classe come fosse l’unica ancora di salvezza. In questo intreccio di destini emergono i difetti e le contraddizioni nelle loro forme più violente e ridicole; è questo che ridimensiona ciascun individuo al grado di semplici esseri umani, bifronti, nelle loro tendenze al contempo egoistiche e umanitarie.

Nella seconda parte del racconto, Dolce, il medesimo occhio critico narrativo, sempre attento alle sfumature, si posa su Bussy, un villaggio della periferia ad est di Parigi. Lo sguardo questa volta coinvolge entrambi i protagonisti, il vinto e il vincitore lasciando alle voci del villaggio il compito di mettere in luce i propri stati d’animo confusi e contraddittori. Durante la convivenza forzata l’orgoglio, il senso della sconfitta e la stanchezza degli animi francesi trovano faticosamente un nuovo senso di stabilità sotto il comando tedesco. È in questo equilibrio precario tra il vinto e il vincitore che i soldati e gli abitanti rivelano un’esigenza comune di normalità. In questo scenario la bella Lucile, francese e moglie di Gaston Angellier, partito per il fronte, stringe un rapporto di condivisione con l’ufficiale tedesco acquartierato in casa Angellier, Bruno von Frank. La solitudine e l’amore per la musica li unisce e i loro sentimenti crescono, nonostante siano costantemente soffocati da doveri e onori. Lucile rimane salda nei suoi principi e lascia partire Bruno quando l’esercito tedesco riceve l’ordine di andarsene dal villaggio.

Ciò che rimane dalla lettura di questo libro è un brulicare di pensieri, di stati d’animo, voci corali di un libro organico descritto con maestria. Dà l’impressione che il libro si sia scritto da sé attraverso i pensieri dei protagonisti e delle comparse che animano le vicende, della prima e della seconda parte del racconto. Risultando un libro aperto ad ogni forma di lettura e di critica, non tutti l’hanno apprezzato e non tutti lo consiglierebbero fra le buone letture; resta pur sempre un pezzo di bravura di una scrittrice che negli anni duemila riguadagna un posto nella storia della letteratura francese del ‘900.

Fonte foto: http://www.adelphi.it/libro/9788845920165