“Via col verde”: Generi e collane per raccontare l’ambiente
Nel terzo capitolo di Via col verde, noi masteristi green (prendo in prestito questo azzeccatissimo nome coniato dai nostri podcaster) puntiamo l’attenzione su alcuni generi e collane che raccontano l’ambiente adottando diverse modalità e caratteristiche. Ognuno dei cinque saggi guarda in una direzione propria, a esempio del fatto che le possibilità di scrivere e istruire sui problemi ambientali sono svariate, adatte a ogni età ed esigenza.
Dalla nascita di quelli che ormai conosciamo come “classici d’ambiente” – con un approfondimento sulla loro evoluzione in quanto genere editoriale – fino ai filoni più innovativi come fumetto, graphic novel e silent book che fanno dell’immagine il veicolo primario di messaggi che necessitano urgente attenzione da parte di tutti. Alcune case editrici, invece, decidono di far risaltare titoli sull’ambiente raccogliendoli in collane apposite e, in questa sezione, ve ne portiamo due esempi singolari: uno dedicato ai più piccoli, ovvero la serie dei Gugulù pubblicata da Gribaudo, e uno che guarda all’Europa e all’esempio di una delle più recenti collane di Penguin Classics.
Generi e collane per raccontare l’ambiente è una sezione che non si è posta limiti e che scava in varie direzioni per mostrarvi quanti modi e luoghi esistono, oltre al canonico saggio scientifico, per conoscere e imparare il nostro pianeta. Per questo Federico Arata ha deciso di dirvi ancora qualcosa su uno dei generi più amati degli ultimi anni, il manga giapponese, e consigliarvi un’ulteriore lettura per capire la questione ambientale. Diamo, ancora una volta, la parola alle immagini.
Eleonora Pasquariello
L’eco-manga per eccellenza: Nausicaä della Valle del vento
A molti lettori il nome di Hayao Miyazaki non suonerà certo nuovo: il regista giapponese è uno dei co-fondatori e una delle principali menti dello Studio Ghibli e ha contribuito a creare alcuni dei lungometraggi d’animazione giapponesi più famosi di sempre. È anche una figura chiave per la narrazione ecologista, avendo esplorato la questione ambientale e la scelleratezza dell’uomo nel suo rapporto con la natura in film indimenticabili come Princess Mononoke (1997) e Nausicaä della Valle del vento (1984).
Quest’ultimo titolo è particolarmente importante per diversi motivi: innanzitutto, si tratta del primo lungometraggio diretto da Miyazaki e non basato su una proprietà intellettuale già esistente (il debutto del regista avvenne nel 1979 con Il Castello di Cagliostro, film che si inseriva nel più vasto media franchise di Lupin III, il ladro ideato da Monkey Punch); in secondo luogo, fu l’esperienza che portò alla fondazione dello Studio Ghibli; infine, è una perfetta concretizzazione della visione miyazakiana della natura e dell’ambiente, senza dubbio la più compiuta fino alla creazione di Princess Mononoke, su cui torneremo fra poco.
Quello che forse non tutti sanno è che Nausicaä della Valle del vento non nasce come film animato, ma adatta i primi sedici capitoli dell’omonimo manga scritto e disegnato dallo stesso Miyazaki. L’artista concepì questo progetto poco dopo l’uscita de Il Castello di Cagliostro, quando fu approcciato dalla rivista “Animage”: Miyazaki iniziava a farsi notare come figura di spicco nel mondo dell’animazione, ma aveva anche una passione per i manga che si era tradotta, nel 1969, nella pubblicazione sotto pseudonimo di Sabaku no Tani (“Il popolo del deserto”). Nausicaä è la storia dell’omonima principessa della Valle del vento, che vive in un futuro post-apocalittico in cui la superficie della Terra è a malapena abitabile a causa di una catastrofica guerra avvenuta mille anni prima. L’umanità sopravvive nelle aree del pianeta ancora non raggiunte dal Mar Marcio, una foresta in continua espansione difesa da enormi insetti mutanti.
L’ambientazione e la trama di Nausicaä, che segue la principessa nel suo tentativo di studiare e comprendere la “nuova natura” che abita la Terra, sono il frutto di numerose influenze: Miyazaki prese infatti spunto da racconti tradizionali giapponesi, così come da classici occidentali di fantascienza. Tra questi, Dune di Frank Herbert e Nightfall di Isaac Asimov, fino ad arrivare al fumetto francese di Moebius, autore che influenzò persino le scelte grafiche del mangaka. Infatti Nausicaä fu realizzato quasi esclusivamente a matita, senza inchiostrazione, e stampato in tinta seppia, il che diede all’opera un’estetica molto diversa rispetto al tipico manga giapponese. Miyazaki, però, trasse anche ispirazione da una realtà che lo turbava profondamente: la distruzione della natura in nome del progresso, che egli potè osservare crescendo durante l’era Showa, un periodo di crescita economica per il Giappone, ma anche di indifferenza e di sfruttamento dell’ambiente. L’evento-simbolo fu per il mangaka il lungo inquinamento da mercurio della baia di Minamata, che tra gli anni cinquanta e sessanta fece ammalare oltre diecimila persone. Questo fatto si trasformò, all’interno della storia, nel Mar Marcio.
Il manga di Nausicaä prosegue molto oltre la trama del film e Miyazaki ci lavorò per dodici anni, dal 1982 al 1994, con frequenti pause per produrre nel frattempo altri film dello Studio Ghibli. L’impresa sfinì il mangaka-regista, ma senza dubbio contribuì alla sua crescita personale e artistica perché lo costrinse a confrontarsi ripetutamente con la sua visione dell’ecologia e della convivenza tra uomo e natura, come egli stesso dichiarò in seguito. Non a caso, una volta terminata la serializzazione di Nausicaä, Miyazaki si mise a lavorare a Princess Mononoke, uno dei suoi film più tenebrosi e impegnati fino a quel momento, che raccoglie il testimone della questione ambientale e la affronta con cupa determinazione.
Federico Arata
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