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La crisi del teatro. Con Antonio Rezza e Flavia Mastrella al #SalToEXTRA

La crisi del teatro

Il 15 e 16 maggio 2020, negli spazi virtuali del Salone del Libro Extra, si parla anche della crisi del teatro causata della pandemia. Ospiti di Radio 3, Antonio Rezza e Flavia Mastrella, nel loro intervento di venerdì 15, hanno parlato della chiusura dei teatri. Un provvedimento necessario che però ha esacerbato una situazione già critica e che danneggia in particolare le avanguardie. Nel contesto delle disposizioni di contenimento del contagio, Rezza sottolinea anche l’importanza delle definizioni di categoria:  evidenziare solo la funzione ludica dell’attività teatrale fa perdere di vista la competenza tecnica che sottende la rappresentazione scenica.

Riaprire con nuove regole?

Di fronte alla possibilità di riaprire i teatri stabilendo regole di distanziamento, Mastrella teme che il pubblico si abituerebbe a un altro tipo di comunicazione, diverso dalla specificità dell’esperienza teatrale. «Il teatro è l’incontro carnale» dice Mastrella, non può prescindere dalla vicinanza e dall’interazione tra i corpi. Meglio quindi aspettare, prima di tornare in scena. Resistere, piuttosto che rischiare di snaturarlo. Come dice Rezza: «Sarebbe come proibire il pressing nel calcio».

Il film per il Salone

I due performer hanno realizzato un cortometraggio per il Salone, trasmesso sabato 16. Si intitola Autointervista. La scena è delimitata da quello che si vede attraverso una finestra. Lo sguardo dall’interno verso l’esterno, dal basso verso l’alto, ben racconta lo stato di parziale reclusione della quarantena. E in mancanza di sipario e palcoscenico, vediamo persiane rosse (che si aprono appena o si spalancano, o che si chiudono) e un parapetto in cemento sul quale si muovono gli attori. In sovrimpressione, leggiamo le domande a cui sia Rezza che Mastrella rispondono, in modo differente, con impeto spontaneo. Siccome il guardare fuori è limitato, allora l’attenzione viaggia verso il mondo interiore. L’unico esplorabile adesso. E dunque l’intervista è a se stessi.

La vulnerabilità in scena

Nel loro film, Rezza e Mastrella rispondono a domande su quale sia stato il giorno più bello della loro vita, e il più brutto, sui colori preferiti, su cosa li ispira, sul professionismo, sulle paure, sull’immaginazione. Ma prima di tutto, Rezza avverte che gli spettatori potrebbero rimanere delusi, perché le opere teatrali sono più interessanti delle parole degli attori. «Siamo molto di meno di quello che facciamo» afferma.

La fine del film vede gli attori sfilare davanti alla finestra e cadere come sotto il fuoco di spari immaginari. La scena ricorda quel gioco, francamente discutibile, che si faceva una volta da bambini e che consisteva nello sparare agli “indiani” con una pistola finta, cavalcando un cavalluccio meccanico che andava a gettoni. Gli attori passano davanti allo schermo e cadono. La crisi del teatro ha ripercussioni fisiche. È già di per sé una professione che richiede coraggio. Gli attori si espongono; è il pubblico poi che decide cosa fare di loro. E questo periodo di chiusura forzata ha accentuato la loro vulnerabilità.

 

Marzia Ammendolea