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Come nascono gli incendi – Intervista a Michele Arena

Nell’ottobre del 2020 esce per Mondadori, nella collana Chrysalide, Come nascono gli incendi di Michele Arena, audace autore d’esordio che propone al pubblico un romanzo altrettanto coraggioso.

In quanto editori, si pensa spesso a come accompagnare il lettore sulla soglia del libro, agli inizi di un mondo di cui noi siamo solo i mediatori.

Stavolta, vista la natura degli incendi, ci è sembrato giusto rispettarne la metafora. Da lettore a lettore, la forza di questo libro s’innesca dalle parole scritte da Sara – che a sedici anni lo ha già letto – e divampa verso tutti coloro che ancora non l’hanno fatto:

C’è chi ha detto che il libro parla di solitudine, chi di amore, di coraggio, di paura. Io dico che parla di incendi, e negli incendi non si distingue nulla, anche se dentro c’è tutto. Non puoi fare niente, se non stare lì a guardarli e pensare che il fuoco, per quanto distruttivo, è ipnotizzante

Una premessa necessaria, questa, per capire come Come nascono gli incendi diventi fin da subito la scrittura-denuncia di un mondo nel quale a ogni adolescente ferito ne corrisponda un altro che si sente abbandonato.

Un susseguirsi di capitoli e di personaggi che si alternano nella narrazione, in un immaginario cerchio attorno al dolore e alle difficoltà della vita. Se si riconosce un protagonista, rimane anonimo. Di lui siamo la pelle: sentiamo quello che sente, viviamo le sue paure ma ciò che scorre in profondità, vicino al cuore, lo scopriamo dagli altri ragazzi che come lui soffrono e attorno a lui vivono. Lui ci resta anonimo, nessun nome per i suoi capitoli solo un numero, perché il dolore, infondo, ci rende anonimi. Ma perché scegliere di parlare di giovani e sofferenza? Non è un connubio difficile da accettare da chi legge e si identifica, e da chi scrive? Non vorremmo sempre leggere di storie felici per un’età felice, perché sono solo gli adulti quelli che dovrebbero soffrire?

Incontro con l’autore

Chi è Michele Arena?

M.A.: Prima di essere scrittore, sono un educatore della scuola di narrazione no profit Porto delle Storie, uno spazio di libertà dove non ci sono né voti né giudizi, un progetto di Macramè Cooperativa Sociale che ha l’obiettivo di sostenere ragazzi e ragazze durante la ricerca della propria voce. Il tentativo è quello di fargli vivere un’esperienza positiva con la scrittura, di farli innamorare delle proprie storie e delle proprie idee. Al Porto direi che la scrittura è un superpotere che ogni giorno diamo ai ragazzi del quartiere.

Come si diventa autore esordiente?

M.A.: Mi sono ritrovato a scrivere un romanzo a quasi quarant’anni più per un bisogno che per un’idea di pubblicazione. Quando ho finito, il mio romanzo era un file sul desktop. E lì sarebbe rimasto, se non fosse stato per Massimiliano Zantedeschi e la sua bravura come agente letterario. Credo si diventi autori così: con qualcuno che sa fare il suo mestiere e che crede in quello che hai scritto.

Com’è stato entrare nel mondo editoriale?

M.A.: Non riesco a parlare di Come nascono gli incendi come del mio libro. Se scrivere la storia è stata un’esperienza intima e spesso solitaria, pubblicare è stata un’esperienza collettiva, a partire dal dialogo con Massimiliano, l’editing di Simona Casonato e Paolo Valentino della Mondadori, la correzione di bozze di Aurelia Di Meo, fino alla grafica e alla distribuzione. È emozionante vedere tante persone lavorare a una tua storia e contribuire a farla diventare un libro. Penso che se i temi degli studenti di tutto il mondo, invece di ricevere dei voti, venissero trattati con la stessa cura e attenzione che ha ricevuto la mia storia, la scuola sarebbe un posto migliore dove imparare a scrivere.

I tumori bucano la noia della scuola e ti inseguono anche in classe

Come nascono gli incendi?

M.A.: Come titolo, è nato da una riflessione di uno dei personaggi, una frase in cui mi sono imbattuto diverse volte in fase di revisione. Ho iniziato scrivendo di un ragazzo che si è trovato ad avere a che fare con la malattia della madre. Poi sono arrivate altre storie e quella che era l’idea principale è diventata solo lo sfondo su cui si muovevano altri cinque personaggi. Come nascono gli incendi di cui parlo? Un anno fa avrei risposto che nascono dalla solitudine. Oggi ti dico che nascono da un amore: per una madre, per un amico, per se stessi. Un amore non riconosciuto da chi lo prova, scambiato per rabbia o per paura o odio. Un amore che lotta per non essere frainteso con qualcos’altro.

Distanza

Hai detto che ti saresti curata

Te l’ho detto per non farti preoccupare

È stupido

Cosa è stupido?

Non fare nulla per non morire

Ho paura che mi faccia ancora più male

Nulla può fare più male che morire

Capirai che non è così

Cosa vuoi dire?

Lo capirai da grande

Nella copertina di Pino Sartorio, in uno spazio senza stelle, una scia luminosa traccia l’orbita da percorrere attorno a un ragazzo, forse un invito a cercare di capire meglio questo mondo sconosciuto che è l’adolescente. Da adulta, sono distante dai tuoi personaggi: io ho superato indenne l’indifesa età dell’adolescenza, loro no. Io vengo da Marte, loro da Venere. Dunque è davvero così? Ci sono miglia e miglia spaziali che dividono i giovani dai non più giovani?

M.A.: Potrebbe. È una banalità ma c’è un punto della vita in cui smettiamo di essere giovani e diventiamo gli adulti che non riescono più a cogliere le differenze: le nuove generazioni ci appaiono blocchi unici di comportamenti e di problemi. Ma non è così. Se prestassimo attenzione vedremmo la complessità, gli stati d’animo, le storie. Come educatore, spesso entro in classe per un progetto, per un’attività e mi prendo del tempo per ascoltare tutti loro. Mi accorgo così delle loro differenze: loro parlano, io ascolto. E a volte scrivono: credo molto, e crederò sempre, nel valore e nel potere della scrittura. E il Porto delle Storie ne è la prova. Così si annulla la distanza. O almeno , è così per me.

Fuga

Ma non siamo in un film sul cancro. Nessuno dice niente di speciale. Nessuna scena da film strappalacrime, nessuna corsa in ospedale con le sirene, nessun intervento dei medici con il defibrillatore. No. Tutto apparentemente sembra uguale e insignificante come sempre, la vita è un fiume e quell’esame all’addome di mia mamma un piccolo ostacolo che ha deviato leggermente il suo corso

Più leggevo il tuo romanzo e più scoprivo di essere atterrata nel lato oscuro della Luna. Un posto insolito dove trovare ragazzi che sono ancora all’inizio della vita. Eppure i protagonisti li ho incontrati tutti lì, in una vita in ombra, dove solo film e musiche riescono a distrarli. Un film è un’insegna luminosa sopra un’uscita di sicurezza, o è la manichetta antincendio che spegne la paura e salva la situazione?

M.A.: Io credo che nell’adolescenza ci siano due spazi di salvezza. Uno è quello dell’amicizia. Come dice Stephen King in Stand by me, è difficile avere amicizie forti come quelle che si hanno da adolescente. L’altro penso siano le storie, nel senso più ampio del termine: se in loro riconosci, ti senti meno solo. Se in un libro, in una canzone o su uno schermo trovi un pezzettino di te che consideravi strano, allora forse non ti sentirai così diverso. Gli adolescenti di oggi hanno la fortuna di avere un mondo più grande in cui “cercarsi”, rispetto a quello con cui sono cresciuto io. Film e serie TV, in certi casi, colmano davvero un vuoto educativo. Quindi no, le storie per me non sono un modo per fuggire. Al contrario, spesso sono luoghi in cui trovi risposte che la realtà di tutti i giorni non riesce a darti.

«Non sarai più solo perché so come ti senti» recitano i risguardi di copertina, all’inizio e alla fine della storia.

In mezzo, il mondo scritto da Michele Arena.

Roberta Signorini