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Libreria, il senso di un luogo | Intervista a Veronica Manfrotto

Una conversazione con Veronica Manfrotto a proposito di Libreria Palazzo Roberti, esempio pressoché unico in Italia di grande libreria indipendente, e delle difficoltà e delle novità che oggi toccano il mondo del libro, inclusa la nuova Legge sulla lettura

È una fortuna, per chi ama leggere, essere nato a Bassano del Grappa. È una fortuna perché la caratteristica cittadina del nord-est, 45 mila abitanti, ha visto nascere alla fine del secolo scorso quella che viene spesso definita “una delle librerie più belle del mondo”, Libreria Palazzo Roberti.

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L’ingresso della libreria

Nata quasi per caso, quando Lino Manfrotto decise di comprare il palazzo di fine Seicento che si affaccia sul centro storico, sarebbe dovuta diventare la nuova casa della famiglia Manfrotto. Si scoprì ben presto che un vincolo ministeriale impediva di fare di Palazzo Roberti un’abitazione: almeno il primo piano doveva ospitare una libreria.

Il nuovo proprietario, proprio come in un romanzo, aveva tre figlie, Lavinia, Lorenza e Veronica. A loro assegnò l’ardito compito, e questa mattina incontrerò Veronica.

La prima cosa che le chiedo è:

Questo palazzo doveva diventare una casa, ma da ventidue anni è una bellissima libreria; eppure qualcosa della “casa” è rimasto. Le stanze dedicate ciascuna ad un settore tematico, il pianoforte a coda nel salone nobiliare (che chiunque può suonare, a patto che ne sia capace), i volti familiari dei responsabili. È solo una mia sensazione, o questo è un posto dove le persone vivono, e non solo lavorano?

Quando è stato il momento di arredare la libreria lo scopo della nostra famiglia è stato proprio quello di creare un ambiente accogliente, che facesse sentire le persone a proprio agio. Lo staff contribuisce a creare questa atmosfera, familiare appunto. La libreria è soprattutto un luogo fisico di ritrovo e di incontro.

E vale anche per i clienti? In media quanto tempo trascorrono qui?

Le persone possono restare qui quanto vogliono senza essere disturbate. Si fermano a lungo, anche se non abbiamo mai calcolato una media. Ci sono lettori e lettrici di tutte le fasce di età, e vengono anche da fuori Bassano. Inoltre, ci teniamo a che i ragazzi non si sentano intimiditi dall’ambiente e cerchiamo di dar loro un benvenuto più morbido. Di certo però, almeno il 60% dei nostri clienti sono donne.

Secondo il Presidente dell’ALI, Paolo Ambrosini, in Italia sono 2300 le librerie chiuse negli ultimi cinque anni. Voi sentite questa crisi? Quali sono le vostre strategie per contrastarla?

Anche noi abbiamo percepito un calo, anche se non drammatico, soprattutto tra il 2011 e il 2013, dopo la crisi

economica. Da qualche anno abbiamo ricominciato a crescere: semplicemente vedere il numero verde, e non più rosso,

dà una grande soddisfazione in questi anni di difficoltà. Quello che cerchiamo di fare è far sì che le persone escano di casa, vengano in libreria. Organizziamo circa novanta presentazioni ogni anno, alcune di carattere locale, altre in cui invitiamo autori conosciuti a livello nazionale o internazionale. Di recente è stato da noi Ezio Mauro, prima Alan Friedmann, Donato Carrisi, Whoopi Goldberg, Fabio Volo… Adesso stiamo lavorando a Resistere, la

rassegna che organizziamo in estate. Quattro giorni in cui portiamo gli autori fuori dalla libreria, nei luoghi più belli di Bassano.

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Il salone nobile, utilizzato per gli incontri con gli autori

E la nuova Legge sulla lettura? Tra le novità che introduce, un limite agli sconti sui libri, una carta della cultura fino a 100€ per i nuclei familiari svantaggiati, una capitale del libro ogni anno, l’albo delle librerie di qualità e un Tax credit librerie. È quello che ci voleva?

Speriamo che sia efficace, e che non sia semplice trovare i soliti escamotage per raggirarla. Come libreria ci troviamo un po’ in difficoltà per quanto riguarda il limite sugli sconti. La nostra clientela più fedele è abituata ad avere il 10% di sconto ed ora saremo costrette a ridurlo al 5%. Ma è un sacrificio che bisogna fare, per il bene di tutti, e soprattutto nostro. In verità penso che le leggi aiutino, ma forse una equa tassazione dei grandi colossi del web sarebbe stata più efficace.

Parliamo di libri. Avete osservato movimenti particolari negli ultimi tempi, generi che una volta non vendevano che ora hanno conquistato il mercato?

Restando nel campo della letteratura, più che per generi ragionerei per origine geografica. Un po’ di tempo fa si leggevano molto gli autori sudamericani. Ora c’è l’ondata dei gialli scandinavi e si stanno riscoprendo gli autori orientali, tra Cina e Giappone. Naturalmente la letteratura inglese e americana sono sempre trainanti, ma ultimamente le case editrici investono di più nelle nuove proposte italiane. Forse prima non si poteva fare per ragioni economiche: scommettere su talenti sconosciuti è più rischioso che scegliere di tradurre un autore straniero, il cui successo sia già stato collaudato.

Spaziando tra gli altri settori editoriali, invece, oggi si legge molto di self help, da L’arte del riordino ai libri che parlano di come vivere bene alla maniera scandinava. È un aspetto che amo molto del mio lavoro: si vede sempre cosa succede nel mondo, sia per quanto riguarda i fatti di attualità che per quanto riguarda le tendenze.

E di chi ci stiamo invece dimenticando?

La Germania è stata molto trascurata. Credo che ora gli editori si stiano ponendo il problema e stiano iniziando a proporre qualche nuovo autore.

In un articolo uscito sul Il Sole 24 Ore alcuni anni fa (ma ancora molto attuale) Stefano Salis parla della libreria fisica come l’esatto opposto dei non-luoghi. Mi ha colpito questa osservazione. Quanto la ritiene vera e quanto secondo lei è importante che una libreria sia percepita come luogo fisico? Dov’è che Amazon e in generale i siti di e-commerce arrivano?

Proprio qui. Incontrarsi, farsi una battuta, chiedere un consiglio e riconoscere i gusti del cliente, per conoscere i quali non basta sapere qual è l’ultimo libro che ha letto. A questo proposito, abbiamo il nostro “tavolo dei consigliati”, con i libri firmati da chi di noi li ha trovati appassionanti. Dopo un po’ il lettore conosce i nostri gusti e sa come orientarsi. Ma non si tratta solo di incontrare il libraio. Abbiamo un’iniziativa che si chiama Tè con i libri, durante la quale lettori e lettrici si incontrano e sono nate anche delle amicizie.

Un’ultima domanda. Che consiglio darebbe a chi, come me, frequenta un master in Editoria, per il futuro, quando potrebbe trovarsi ad avere a che fare per lavoro con le librerie?

Consiglierei di vivere i vari mestieri del libro. Non penso sia possibile svolgere tutti i lavori, però almeno capire come funzionano le librerie prima di arrivare in una casa editrice sarebbe fondamentale. A volte gli editori fanno delle campagne di marketing improponibili e io mi chiedo “Ma lo sanno come si lavora in libreria?”. Lo stesso vale per i distributori, anche in questo campo ci sono delle dinamiche che sarebbe meglio conoscere.

Ringrazio Veronica per il consiglio e restiamo ancora un po’ a parlare di libri. Lei mi domanda dei miei piani per il futuro e mi racconta della bellezza del suo lavoro. Non era il lavoro che pensava avrebbe fatto quando andava ancora a scuola. Ci si è ritrovata, ma le piace. Mi parla di un ambiente dove si incontrano tante persone interessanti e dove i contenuti valgono più delle apparenze. Penso sia qualcosa di raro, ed esco dal suo ufficio decisamente soddisfatta.

Emma Bernardi