Editoria per ragazzi,  Interviste,  Mondo Editoriale,  News

Marketing, modellini e Peppa Pig. Intervista a Anna Maria Goppion, Centauria Editore

Nel panorama delle migliaia di case editrici italiane solo quattro si occupano di collezionabili: Hachette, RBA, De Agostini e Centauria.

Chiacchierando con Anna Maria Goppion, la presidente di Centauria Editorie, ho definito scherzosamente la sua casa editrice “l’indipendente” dei collezionabili in Italia, per via del confronto con i colossi internazionali con cui si deve confrontare e contendere il mercato.

Goppion si è occupata di collezionabili per tutto il suo percorso professionale: all’attivo ha centinaia di collane curate e seguite come caporedattrice prima e direttrice editoriale poi. La sua carriera inizia alla Fabbri dove si occupa delle collane di musica e arte. Segue poi un master alla Bocconi e un momento in cui decide di intraprendere la strada imprenditoriale e mette in piedi una sua casa editrice. Questa esperienza si conclude dopo qualche anno, quando richiamata da Rcs torna alla Fabbri. Goppion mi rivela che, al suo ritorno, la Fabbri che conosceva è scomparsa, ed è molto cambiata. Ai primi segnali di un possibile ridimensionamento del ramo dei collezionabili decide, insieme a due colleghi, che è il momento di fare una scelta coraggiosa: fondare un’altra casa editrice che porti avanti l’eredità Fabbri, sganciandosi da Rcs.

Nata nel 2013 Centauria è presente in edicola con un vasto repertorio di libri, modellismo, oggettistica e riviste per bambini. Direttrice editoriale sino allo scorso anno, Goppion mi rivela il lavoro che si cela dietro la costruzione del catalogo e le peculiarità del campo dei collezionabili.

Ricerca di mercato e market test

Due fasi di progettazione

Le figure che lavorano in casa editrice, infatti, hanno un profilo sia editoriale che commerciale. Le competenze di marketing sono essenziali per la riuscita del progetto: nell’ideazione delle collane sono fondamentali ricerche di mercato e market test.

Tutto parte dai meeting che si tengono due o tre volte all’anno. La redazione propone una decina di idee di prodotto che vengono raggruppate per segmenti (collezionismo, libri, editoria d’arte, bambini ecc) e per le quali si attuano ricerche di mercato. Queste ricerche sono svolte da agenzie esterne: selezionano un bacino di cinque mila o sei mila persone, che diminuisce progressivamente in base alla risposta alle domande che vengono poste (frequentazione delle edicole, interesse per un determinato argomento, soddisfazione rispetto a passate esperienze simili). Il campione di solito raggiunge una dimensione di millecinquecento persone le cui risposte vengono analizzate, confrontate con analisi precedenti e con prodotti di cui si conosce la performance: in questo modo si riesce ad avere una visione più precisa sull’accoglienza del prodotto.

Dopo questa prima fase è il momento dei market test: si realizzano quattro o cinque numeri di un determinato fascicolo in tiratura molto ridotta (circa cinquemila copie). La vendita avviene in cinque città campione sulla penisola, in edicole selezionate. Il market test è un’operazione sempre in perdita, che costa dai 70.000 ai 100.000 euro. Che però, mi dice Goppion, «sono ben spesi se si scopre che la collana ha delle potenzialità, e sono ben spesi anche se si scopre che la collana non aveva potenzialità, perché comunque hai perso 100.000 euro e non 500.000 euro, che sono i costi di un lancio».

 

Numeri e costi dell’impresa

Nel mercato dei collezionabili, mi spiega Goppion, queste strategie di marketing e di analisi dei dati sono fondamentali al giorno d’oggi. La contrazione delle vendite nel settore librario degli ultimi dieci anni ha infatti reso insostenibile la possibilità di investire ingenti capitali nel lancio di una collana, se a questa non segue successo in edicola.

L’investimento iniziale ha infatti costi elevati (circa 350.000 – 400.000 euro) e sarebbe dunque un grosso rischio per l’azienda non calcolare preventivamente eventuali défaillance. Centauria, come tiene a sottolineare Goppion, non produce esclusivamente cartaceo, ma una gran parte del catalogo è costituito da oggettistica e modellismo. Queste tipologie di collezioni prevedono la vendita di prodotti che, oltre ai costi più elevati rispetto alla “semplice” realizzazione di un fascicolo, richiedono anche tempistiche più lunghe. La maggior parte delle componenti è infatti prodotta all’estero ed è dunque necessario predisporre gli ordini con sei mesi di anticipo. Inoltre, la produzione ha un costo che varia in proporzione alla grandezza degli ordini ed è quindi un rischio produrre una componente in grandi quantità se poi rimane invenduta.

È un mondo estremamente complesso che ha bisogno di qualche certezza.

Ferrari, licenze e strategie di salvezza

 

Queste certezze derivano, oltre che dalle ricerche di mercato, anche da altri fattori. Centauria, ad esempio, può contare su una licenza in esclusiva con Ferrari. Nel momento in cui c’è stato il distacco da Rcs, Ferrari ha generosamente seguito e sostenuto l’attività della nuova casa editrice. Questa licenza è una risorsa non indifferente, in quanto chiunque nel mondo voglia realizzare prodotti da edicola con il marchio deve necessariamente passare da Centauria.

Un altro elemento che gli editori di collezionabili possono sfruttare a loro vantaggio sono le rese. I modellini invenduti di oggettistica hanno infatti una seconda vita. «Non vorrà mica che le buttiamo queste macchinine che tornano indietro?» asserisce retoricamente Goppion. Certamente no, non vengono distrutte o confinate in magazzino ma sono destinate alle collane per il mercato estero: l’oggetto è lo stesso, cambia solo il fascicolo, tradotto nella lingua di approdo, e il gioco è fatto. Il mercato straniero si profila dunque come un altro importante salvagente per questo mercato. I collezionabili di Centauria sono infatti venduti ampiamente in Sud America, est Europa, Spagna, Francia e Germania.

 

Peppa Pig e il successo commerciale di una rivista per bambini

 

Non tutti i progetti seguono iter così lunghi e complessi, ce ne sono alcuni che hanno percorsi più semplificati: i prodotti rivolti ai bambini.

Il giornalino di Peppa Pig è uno di questi ed è anche uno dei progetti cui la stessa Goppion è più legata. Lei stessa rivela che «la libreria è il primo canale nel quale si manifestano le tendenze» e proprio da questo si è partiti: i libri di Peppa Pig editi da Giunti stavano avendo uno straordinario successo in libreria. Di conseguenza Centauria ha cercato di ottenere i diritti per poterne fare un collezionabile, che però era già stato assegnato ad un’altra casa editrice. I diritti per fare la rivista erano fortunatamente ancora liberi e in tre mesi è stata messa in piedi. Trainata dal successo in libreria, la vendita del giornalino in edicola ha toccato vette altissime: una scommessa che si è trasformata in un successo.

Alla fine, il ricordo più bello che ho è la rivista di Peppa Pig, perché è stata in termini personali una grande soddisfazione, un colpo di fortuna e un successo insperato. Era la prova che eravamo capaci di fare tutto e un’affermazione importante di una casa editrice che non aveva più un grosso gruppo alle spalle.

Copertina della rivista di Peppa Pig

 

Valentina Diodà