Recensioni

“Taccuino delle piccole occupazioni” di G. Graziani

Un personaggio singolare

Il protagonista del Taccuino delle piccole occupazioni è un personaggio singolare. Girolamo sembra trovarsi sempre in uno stato di surreale sospensione (pur non essendo in quarantena), e in costante ricerca di una definizione, di una comprensione che metta ogni cosa al suo posto.

Perché c’è qualcuno che ci capisce davvero qualcosa, chiede Girolamo.

Smarrito, si interroga su molte piccole (ma non veramente piccole) cose. Il Taccuino delle piccole occupazioni è potenzialmente un catalogo del mondo, ma un catalogo compilato da un unico uomo, che ovviamente non sa tutto, non vede tutto, e non ha neanche una buona memoria. E allora al massimo può tentare un parziale catalogo della propria vita, utile a stabilire delle coordinate capaci di intersecarne il senso. Ammesso che ci riesca.

Che fare di fronte a un problema insolvibile? Ciò che ha sempre fatto l’uomo nel corso dei secoli: usare l’immaginazione. L’immaginazione è l’unico surrogato possibile per completare il film della nostra vita

Girolamo prende appunti, beve Cynar allungato con l’acqua brillante, e confida le sue riflessioni all’orologiaio, paziente ascoltatore. Ha anche una ex fidanzata con la quale dialoga spesso. Come si fa quando una persona ti resta dentro e non puoi evitare di pensare a cosa direbbe, a cosa farebbe, a come guarderebbe un tramonto o una certa situazione.

Il punto di vista

Il taccuino delle piccole occupazioni è un romanzo che suscita simpatia, e regala episodi belli e intensi. Fa sembrare semplice una terza persona estremamente partecipata, che riporta dialoghi, osservazioni, sguardi, pensieri, tutti in sequenza. Il discorso di Graziani corre lungo un  confine che gioca a confondere ingenuità del personaggio e ingenuità dell’autore. Con un narratore mimetico, che si mostra piccolo rispetto a quel che narra, salvo poi sorprendere con la dolcezza e la profondità di una mente più lucida di quel che era sembrata. Anche la rinfusa temporale in cui si susseguono i ricordi del protagonista svela un percorso di progressiva intimità col lettore, come una confessione che non si può fare tutta in una volta, che richiede fiducia.

Spesso Girolamo appare immalinconito da una quotidianità svuotata di significato, dalla trasformazione degli spazi urbani, dei luoghi conosciuti un tempo, che non ci sono più. Sparendo, si sono portati via anche un modo di vivere. L’importanza di riconoscersi nell’appartenenza a un luogo è ricorrente nelle sue valutazioni, e così l’importanza di riconoscersi in se stesso, occasioni mancate incluse.

Il tempo e il senso

Gli incontri con l’orologiaio sono raccontati in prima persona. È un personaggio silenzioso che rappresenta il tempo e che trova una sua raffigurazione sulla copertina del libro. Dentro una cornice bianca, imbrigliato dal filo nero che caratterizza la collana “Romanzi” di Tunué, un ingranaggio a ruote dentate, di un color magenta acquerellato, campeggia su uno sfondo grigio.

È un tempo compassionevole e speranzoso, quello di Girolamo. Per l’orologiaio, infatti, una vita imperfetta vale tanto quanto una vita perfetta.

Una ruota dentata o una cremagliera sono tali perché servono a qualcosa, si incastrano l’una nell’altra, possono funzionare o non funzionare, ma non ce n’è una più desiderabile dell’altra.

Nel tempo, rispetto al tempo, che passa, che non si ferma, ogni vita trova una sua collocazione e Girolamo arriva a provare sollievo nel vedere che le occasioni che a lui sono sfuggite, sono una realtà per qualcun altro. Un altro che potrebbe essere la versione migliore di lui stesso.

Marzia Ammendolea