Il mondo alla finestra_Emanuela Pulvirenti
Autori,  Interviste

“Dare nuovi occhi per guardare in modo nuovo”: intervista a Emanuela Pulvirenti

La finestra è il punto di incontro tra lo spazio umano e la realtà esterna, tra cultura e natura, tra la misura e l’infinito.

La finestra è lo strumento d’osservazione simbolico privilegiato da Emanuela Pulvirenti, che in Il mondo alla finestra. La storia dell’arte raccontata dalla cornice di una finestra, edito da BUR Rizzoli, ci permette di esplorare le meraviglie dell’arte descrivendo con intelligente semplicità un itinerario di storie, dettagli e curiosità dai capolavori dei maggior artisti alle rarità dei pittori meno noti.

Emanuela Pulvirenti è architetto con specializzazione in illuminotecnica, insegnante e divulgatrice di storia dell’arte. Nel 2011 ha aperto il blog Didatticarte, diventato in pochi anni uno dei siti di divulgazione artistica più seguiti in Italia, grazie alla proposta di spunti interessanti e alla sua chiarezza espositiva.

L’abbiamo intervistata, insieme al suo editor Lucio Lorenzi (qui il suo intervento), per conoscere meglio le ragioni che l’hanno portata a scrivere il suo ultimo volume, una vera e propria immersione tra le storie dell’arte pittorica. L’autrice suggerisce al lettore di lasciarsi guidare dalle immagini, seguendo solo le emozioni che suscitano i dipinti, senza seguire per forza un ordine di lettura ben preciso. È un libro che consente di spaziare, non è un manuale. È come fare una passeggiata tra le storie dell’arte in cui la finestra è un elemento centrale, che illumina non solo tutto ciò che il pittore ha voluto mettere in rilievo, ma anche l’intero significato dell’opera.

Quando è nata l’idea di scrivere un libro di storia dell’arte con un punto di vista insolito?

Era il 24 gennaio 2022 quando sono stata contattata attraverso il mio blog Didatticarte dall’editor di saggistica della BUR Rizzoli, Lucio Lorenzi. Mi disse che stava cercando un autore che scrivesse un volume sull’arte ma con un taglio divulgativo. Era interessato al modo più trasversale di divulgare l’arte, in una maniera nuova rispetto a quella tradizionale dei libri d’arte in circolazione. E aveva trovato in me quella capacità di raccontare che cercava, per cui mi ha commissionato quest’opera di saggistica divulgativa. Allora ho subito disposto delle proposte: c’erano vari spunti alternativi, ma sono stati scartati, perché troppo tecnici o già visti. Non erano soluzioni adatte al pubblico della BUR, secondo Lucio.

Finestra a Tangeri
Henri Matisse, Finestra a Tangeri, 1912

Alla fine del confronto sui possibili argomenti è arrivata l’idea della finestra. Così abbiamo deciso di provare: era un filone che non era stato ancora trattato, se non in testi stranieri o in cataloghi di mostre. Ma soprattutto era un tema che mi intrigava per la mia formazione professionale in illuminotecnica e che sapevo essere stato molto apprezzato dalla community della pagina Facebook del mio blog, in cui per anni ogni mattina ho pubblicato immagini (arrivando a collezionarne circa 2500) di finestre nei dipinti, con una breve didascalia, ma senza approfondire. Mi ispirava l’idea di avere finalmente la possibilità di raccontare la storia e i dettagli di quei dipinti, superando la prima impressione che se ne può avere con uno sguardo veloce e distratto, tipico dello scrolling dei social media. La prova è iniziata da un racconto sul quadro di Matisse Finestra a Tangeri. Ha funzionato, così ho proseguito.

 

 

Nell’introduzione scrive che «non è necessario essere esperti di pittura» per leggere questo libro. Quindi per quale pubblico è stato pensato? E in che modo il target ha influenzato lo stile di scrittura e il confezionamento del volume?

Si tratta di un’opera divulgativa, per cui il potenziale lettore è un amante dell’arte, ma non necessariamente uno storico o un critico. Tuttavia c’è qualcosa di più. Il target ideale è sì una persona appassionata d’arte, però anche (e soprattutto) una che non se ne è mai interessata, ma che scopre che l’arte racconta qualcosa che la riguarda da vicino e fa parte della propria vita.

È un libro in cui l’aspetto visivo prevale su quello testuale. Ci sono più immagini che testi, quasi 200 dipinti su 300 pagine. L’idea era quella di realizzare un libro che il lettore ha il piacere di sfogliare soltanto vedendo le immagini e le figure, senza il timore della descrizione specialistica. Volevo attirare l’attenzione prima con le immagini e poi con un racconto, che proprio perché rivolto a chi non ne sa nulla è il meno tecnico possibile. I termini tecnici, ridotti al minimo, vengono subito spiegati tra le parentesi. Non voglio escludere nessun lettore. Non voglio che il lettore senta la descrizione aulica di un esperto della materia. È una tendenza dello storico dell’arte per raccontare in maniera difficile ciò che sa. Invece io mi sforzo di raccontare qualcosa di difficile in parole semplici. È nato come libro divulgativo per un pubblico il più vasto possibile e generico, con l’obiettivo di avvicinare anche non esperti di determinate materie. Ovviamente cambio registro e stile a seconda della casa editrice e del target per cui scrivo. Lo stile qui adottato non è di certo paragonabile a quello che utilizzo quando mi occupo dei testi scolastici per Zanichelli.

Ci ha detto che la collezione di immagini è iniziata anni prima: come ha scelto quelle da inserire e quelle da scartare? Quali criteri ha seguito per la selezione e il reperimento?

Una prima valutazione mi ha spinta a includere i nomi dei pittori più importanti, come Van Gogh, Matisse, Leonardo, Caravaggio. Poi tutti gli altri non sono stati selezionati in base alla loro importanza, ma in base a ciò che la loro finestra rappresentava all’interno di quel determinato percorso. Quindi la scelta andava sul fatto che quell’opera era funzionale o meno a raccontare quel tema. Il percorso si svolge lungo trentaquattro microracconti, costruiti attorno a dei temi, partendo da un’immagine principale, che nella maggior parte dei casi è di un autore rilevante, per poi seguire con altre che funzionano in maniera ancillare a esplorare quel determinato argomento. Alcune immagini sono state escluse perché avrebbero rischiato di essere dei doppioni di altre. Il libro non doveva essere un’enciclopedia delle finestre: non ci dovevano stare tutte, ma solo quelle che mi permettevano di illustrare alcuni concetti. Naturalmente, i temi selezionati in partenza sono stati rispettati, anche se alcuni sono emersi lavorando, come quello dell’autoritratto.

La mia ricerca è iniziata dalle immagini, che ho dapprima scelto, poi montato ed impaginato su InDesign, circa 5 su 4 pagine, e solo dopo le ho raccontate. Anche la sequenza delle immagini doveva già a prima vista costituire un racconto. Poi nell’impaginato finale fatto dai grafici di Rizzoli le 4 pagine sono diventate 6. La sequenza si è quasi sempre salvata. In alcuni casi la pagina ha visto una divisione tra testo e immagine, ma non è stato un problema grave. Anche perché questo libro può essere sfogliato e letto come un libro qualsiasi, non studiato come un testo scolastico, quindi si può evitare di seguire la sequenza imposta dall’impaginato. Oltre al fatto che ogni racconto è indipendente e autoconcluso.

Nel momento in cui non si sono potuti acquistare i diritti di un’immagine, come e quanto ha condizionato la logica dei racconti?

Dopo una prima stesura, ho realizzato una tabella per capire quali fossero le problematiche. Per fortuna nessun racconto è saltato a causa della mancanza di immagini: nei casi complessi sono state scelte delle immagini alternative, molto simili. Dopo la revisione immagini ci sono state da fare delle modifiche e minime ricuciture delle cose da rivedere, che comunque sono state delle piccole azioni. Quindi, nel complesso non ci sono stati grandi problemi che hanno alterato la narrazione originaria. Inoltre, non sono stati fatti tagli o aggiunte in base al numero di pagine. Seguendo le indicazioni del progetto originario, che prevedeva circa 200 immagini, sono riuscita a regolarmi in base al tonnellaggio delle pagine. L’obiettivo era dare stimoli e iniziare a portare dentro l’argomento, come si fa in BUR.

Quante immagini dell’archivio del blog ha prelevato per raccontare dei temi del libro?

Da quell’archivio ho pescato numerose immagini, che sono confluite nella collezione di quelle da inserire nel libro. Tra quelle pubblicate sulla pagina Facebook del mio blog molte non erano adatte, perché erano fotografie o illustrazioni, argomenti esclusi dal tema del libro, che appunto è incentrato sulla pittura. Ho tolto anche quelle di minore qualità pittorica. Altre immagini sono state scartate in base alla tecnica. La maggior parte di immagini presenti nel libro sono quelle prese dal primo anno di pubblicazione su Facebook, che sono anche quelle più significative.

Quanta parte della sua formazione è servita ai fini della composizione e della realizzazione del progetto grafico?

La mia formazione mi ha reso ipersensibile alle parti grafiche o paratestuali del libro. Ma non ci sono stati problemi, perché il libro già era stato pensato per storia e bisognava soltanto dare un ordine visivo. Ho avuto qualche sobbalzo per i colori delle immagini, perché quelle comprate avevano delle luminanti un po’ differenti e particolari rispetto alle colorazioni delle immagini che avevo trovato all’inizio. Comunque il discorso della qualità cromatica delle immagini è del tutto relativa, perché anch’io partivo da immagini digitali. Per forza non c’era esatta corrispondenza alle sfumature degli originali. I contrasti di luce e i colori delle immagini sono fondamentali per la logica del libro, che tratta appunto di queste atmosfere: se l’immagine non le trasmette, perché piatta o senza contrasto, allora diminuisce l’efficacia.

Com’è stata selezionata l’immagine di copertina?

In redazione si è discusso tantissimo sulla scelta della copertina, svolgendo numerose prove con molti dei dipinti contenuti nel libro per vedere l’effetto finale. Io ne ho suggerite alcune, circa 30, perché pensavo che potessero funzionare. E per funzionare dovevano avere determinate caratteristiche: non coprire il titolo, essere quadri verticali e non orizzontali, essere troppo minimaliste o monocromatiche (sui toni del grigio), che poteva non piacere al lettore.

La danza della polvere al sole
Vilhelm Hammershøi, La danza della polvere al sole, 1900

La finestra inoltre doveva contenere una figura umana, per dare il senso di vicinanza e calore al lettore, e che facesse qualcosa di molto umano o suggestivo, com’è leggere una lettera. L’immagine doveva puntare sulla sua riconoscibilità. Abbiamo preferito un quadro che i più non conoscono, ma che comunque trovano una pittura familiare, antica e moderna, rassicurante. Comunque, la copertina definitiva è stata la scelta migliore, soprattutto per la presenza della figura umana. L’unica riserva che ho avuto sull’immagine di copertina era che la finestra fosse l’aspetto più sacrificato, perché stava nel bordo sinistro, e non comunicava la sua funzione principale, che era quella di offrire uno sguardo sull’esterno. Ma tutto sommato il libro parla di mondi e di vite, quindi si capisce che è la finestra che inonda di luce l’interno e la figura umana.

 

 

L’aneddoto del quadro di Cupido

Nelle bozze avevo messo la versione di questo quadro che esiste da due anni, cioè da quando i restauratori hanno trovato una parete bianca raffigurante un appariscente Cupido, che era una chiave interpretativa del gesto di lettura della giovane. Nell’800 qualcuno aveva ridipinto tutto lo sfondo in stile La Lattaia, simile ad altri dipinti di Vermeer, quindi ormai era conosciuto così nella versione senza Cupido. Io ho inserito nella bozza quella col Cupido, mentre l’ufficio iconografico ha comprato la versione precedente al restauro, quindi senza. Dopo una serie di ragionamenti con Lucio, abbiamo optato per la versione precedente al restauro, cioè quella senza Cupido – decisione segnalata a inizio libro. Secondo noi, l’azione che ha uniformato lo sfondo, cancellando Cupido, è stata migliorativa, perché in questo modo l’attenzione si concentra sulla donna.

Com’è avvenuta la promozione del libro?

Ho pubblicizzato molto il libro, a partire dal blog, continuando con presentazioni, incontri, interviste in tv e radio. Ad esempio, ho promosso il saggio a un festival sul libro d’arte in Sicilia, ma anche a un corso d’aggiornamento per gli architetti di Catania. Quindi mi sono rivolta a pubblici diversi, non solo a studenti ma anche a tecnici; l’ho presentato pure in ambienti non pensati in fase di progettazione. In questo modo il libro ha raggiunto anche lettori non previsti: è stato molto acquistato da storici e critici dell’arte, perché non c’era in Italia un testo del genere dedicato alle finestre. È stato un arricchimento anche per gli storici dell’arte che non avevano mai visto assieme quel tipo di raccolta e anche tanti autori presenti nel volume, perché meno noti. A ciò si lega la difficoltà di reperimento delle immagini, perché sconosciute o non in circolazione.

L’interfacciarsi con un pubblico diverso, come quello di utenti digitali (Facebook), ha contribuito a fornirle un feedback per la scelta finale della copertina?

Il pubblico mi ha un po’ guidato nella scelta della copertina, perché ho evitato di mettere immagini che suscitassero solitudine, malinconia o situazioni spiacevoli. Ma l’importante è raccontare e andare oltre la prima impressione. Quindi nel libro ho spiegato la storia dei quadri, a volte confermando altre smentendo i sentimenti che il pubblico di Facebook diceva di provare di fronte a quelle immagini. Non ritenevo giusto nei confronti dell’arte quell’”emozionismo” dilagante, perché se da un lato è giusto esprimere le emozioni che suscita l’arte, dall’altro spesso si travisano le intenzioni dell’autore. In questo modo il libro rende giustizia a quelle immagini che erano state fagocitate con troppa leggerezza e velocità. Qui il lettore si ferma a leggere la storia, evitando l’approccio troppo istintivo. Secondo me, non è corretto macinare immagini scrollando i social network. Non mi piace che l’arte venga ridotta a mero intrattenimento di utenti distratti.

 

La sua irresistibile moltitudine di significati e di ruoli è qualcosa che rende la finestra un elemento assolutamente speciale nel panorama della storia dell’arte. Quando si entra in questa molteplicità di sguardi, nessuna finestra può lasciare indifferenti. È un regalo che sa donare l’arte: dare nuovi occhi per guardare in modo nuovo. Anche attraverso un vetro.

 

P.S.: Non perdetevi la seconda parte dell’intervista!

Elena Vanore