Recensioni

Le otto montagne. Storia di un’amicizia ad alta quota.

Le otto montagne

Paolo Cognetti

Einaudi, pp. 199

18,50 €

di Elisa Frilli

In the mountains, there you feel free. Lo scrive T.S. Eliot nei primi versi di The Waste Land. La montagna, questa terra fuori dal tempo e dalla civiltà che da sempre richiama eremiti e poeti, Paolo Cognetti la conosce molto bene. Da qualche anno ha infatti scelto di vivere in una baita sul Monte Rosa, a duemila metri. Già autore di racconti per Minimum fax, esordisce nel romanzo con Le otto montagne. Il libro ha iniziato ad avere successo ancor prima di essere pubblicato: presentato lo scorso ottobre alla fiera del libro di Francoforte, è stato venduto in ventinove paesi ed ora è considerato uno dei favoriti al premio Strega.

Cominciai a capire un fatto, e cioè che tutte le cose, per un pesce di fiume, vengono da monte: insetti, rami, foglie, qualsiasi cosa. […] Se il punto in cui ti immergi in un fiume è il presente, pensai, allora il passato è l’acqua che ti ha superato, quella che va verso il basso e dove non c’è più niente per te, mentre il futuro è l’acqua che scende dall’alto, portando pericoli e sorprese. Il passato è a valle, il futuro a monte. Ecco come avrei dovuto rispondere a mio padre. Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa.

Pietro è un bambino timido, nato e vissuto nella periferia milanese. I suoi genitori però sono originari delle Dolomiti, e a Milano si sentono in gabbia. La madre lavora come assistente sanitaria in un consultorio, e si ostina a coltivare fiori «su un balconcino annerito dal fumo e ammuffito da piogge secolari»; il padre è un chimico industriale, scontroso e pieno di rabbia, che ogni giorno va in fabbrica «come se dovesse calarsi in trincea». Sognano tutto l’anno l’estate, che passano ad esplorare le montagne della Val D’Aosta, finché un giorno scoprono Grana, un paese antico in una valle dimenticata, e se ne innamorano. Grana è il centro di questa storia, perché qui Pietro impara a conoscere e amare la montagna. Qui scopre un padre molto diverso da quello di città, che lo porta sulle cime e cammina veloce senza mai voltarsi indietro. Ma soprattutto, qui conosce Bruno, un ragazzino dall’aspetto selvatico, che porta le mucche al pascolo. Dal loro incontro nasce un’amicizia lunga trent’anni, lo spazio di tutto il romanzo.

Crescendo, Pietro sceglie di scappare da tutte e tre le cose: la montagna, suo padre e Bruno. Ma a tutte e tre finisce per tornare. Le otto montagne è quindi la storia di un’amicizia profonda, che resiste a ogni lontananza. È il racconto di un padre amato e odiato, a lungo perso e infine ritrovato sulle cime delle Alpi. Ma soprattutto, è un lungo canto d’amore per la montagna, il canto di un amante appassionato ma non illuso, anzi ben consapevole che la sua amata pretende molto, e sa essere dura e crudele. Soprattutto d’inverno. Non vi aspettate di trovare paesaggi incantevoli in questo romanzo, perché alle descrizioni idilliche Cognetti è allergico: «C’è una retorica insopportabile, almeno per me, legata alla montagna, che trovo artefatta. Il senso di bellezza, soavità, di sentirsi in paradiso: fa parte di una retorica che non mi interessa. Per cui ad un certo punto ho deciso di bandire da questa storia tutti gli aggettivi come incantevole, meraviglioso, splendido, stupendo. Non ci sono» (dall’intervista su www.illibraio.it, 26 novembre 2016).

La montagna è in questo libro la metafora per dire tutto. Dal modo in cui ciascun personaggio la affronta riusciamo a cogliere la sua anima:

Forse è vero, come sosteneva mia madre, che ciascuno di noi ha una quota prediletta in montagna, un paesaggio che gli somiglia e dove si sente bene. La sua era senz’altro il bosco dei 1500 metri, quello di abeti e larici, alla cui ombra crescono il mirtillo, il ginepro e il rododendro, e si nascondono i caprioli. Io ero più attratto dalla montagna che viene dopo: prateria alpina, torrenti, torbiere, erbe d’alta quota, bestie al pascolo. Ancora più in alto, la vegetazione scompare, la neve copre ogni cosa fino all’inizio dell’estate e il colore prevalente è il grigio della roccia, venato dal quarzo e intarsiato dal giallo dei licheni. Lì cominciava il mondo di mio padre.

Soprattutto, nei rispettivi modi di vivere la montagna si possono riassumere tutte le differenze tra Pietro e Bruno. Per Pietro, Grana è il centro del mondo, il luogo da cui parte e a cui ritorna ogni peregrinazione, l’unico in cui si sente davvero a casa. Per Bruno, la montagna non è solo una casa, è il mondo intero: è il limite entro cui si definisce la sua identità, che lui non può e non vuole superare. Come in ogni grande amicizia, i due riescono a capire chi sono solo dal confronto con l’altro. Pietro è destinato a vagare per il mondo, Bruno a rimanere lì. Le otto montagne, quindi «è soprattutto una storia sul rapporto che abbiamo con i luoghi, sul modo in cui mettiamo radici» (dall’intervista di Paolo Cognetti a Che tempo che fa, 19 febbraio 2017).

Cognetti ha un talento magico per la misura. In tutto il libro non c’è una parola di troppo o al posto sbagliato. Il suo è un linguaggio semplice e perfetto, che fa venire voglia di rileggere ogni frase cento volte.  

Un paio di giorni dopo, in quella stessa cucina, trovai il ragazzino delle mucche che faceva colazione sulla mia sedia. Lo annusai, per la verità, prima di vederlo, perché aveva addosso lo stesso odore di stalla, fieno, latte cagliato, terra umida e fumo di legna, che per me da allora è sempre stato l’odore della montagna, e che ho ritrovato in qualunque montagna del mondo. Si chiamava Bruno Guglielmina. Il cognome era quello di tutti a Grana, tenne a spiegarci, ma il nome Bruno ce l’aveva soltanto lui.

Non c’è bisogno di essere appassionati di montagna per amare il libro di Paolo Cognetti, perché amicizia, famiglia e radici sono temi universali. Ma se per caso anche voi sognate i cieli tersi e le cime innevate, troverete un libro indimenticabile. E allora fate una gita in montagna e portatevi dietro questo romanzo, per assaporarlo lentamente tra una passeggiata e l’altra. Oppure leggetelo a casa tutto d’un fiato, in una sola serata. In ogni caso vi toccherà il cuore. Perché Le otto montagne è un libro limpido come un ruscello alpino, che incanta e commuove.

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