
Il mondo girato per il verso giusto
Nella Sala A del Teatro Franco Parenti a Milano, il palco illuminato ospita quattro persone: Jenny Jägerfeld, autrice di Grande, bro!, Percy Bertolini, a cui è stata affidata l’illustrazione di copertina, e l’interprete Samanta K. Milton Knowles che traduce gli interventi in inglese di Jenny Jägerfeld.
Quest’ultima, psicologa svedese che si occupa di pazienti appartenenti alla comunità LGBTQIA+, pubblica il suo terzo libro con Iperborea, Grande, bro! (Iperborea, 2024, tradotto da Laura Cangemi), incentrato su una vacanza estiva di qualche giorno del protagonista Måns, un ragazzino transgender di dodici anni appassionato di skateboard, e sulla sua amicizia con Mikkel, un coetaneo che condivide la sua stessa passione.
Alla domanda se le sia venuto in mente prima il tema o il protagonista, la dottoressa Jägerfeld risponde di aver avuto l’ispirazione a seguito di un incontro con un giovanissimo paziente, un bambino transgender di sei anni desideroso di diventare «un maschio, completamente» prima di iniziare la scuola. Rendendosi conto della mancanza di libri adatti a trattare con sufficiente sensibilità una tematica tanto delicata, decide di scriverne uno lei.

Questa iniziativa la accomuna a Percy Bertolini, sceltə da Iperborea per illustrare la copertina di Grande, bro! in virtù della propria esperienza di persona transgender non binaria che ha trattato nel silent book Da sola (Diabolo Edizioni, 2021), suo esordio nella narrativa per immagini e vincitore del Premio Boscarato. Ad accomunare i due artisti c’è anche Ulf Stark, celebre autore di letteratura per ragazzi, il cui libro Le scarpe magiche del mio amico Percy (Iperborea, 2021, traduzione di Laura Cangemi) ebbe grande influenza su Bertolini e di cui Jenny Jägerfeld è spesso definita erede. Bertolini ricorda il suo entusiasmo quando ricevette la proposta di illustrare la copertina di Grande, bro!, tracciando una somiglianza tra il suo stile incentrato sui colori e l’incipit del libro: «Se chiudevo l’occhio sinistro, tutti i colori diventavano più intensi: i campi che ci sfrecciavano accanto erano più gialli, il cielo più azzurro e l’erba di un verde più acceso».
Dopo aver descritto la complicata procedura per la transizione di genere in Svezia, Jägerfeld spiega che un altro fattore che l’ha spinta a scrivere il romanzo è la consapevolezza che le stesse figure mediche e paramediche che si occupano di pazienti transgender, pur avendo le migliori intenzioni, talvolta non sanno trattare adeguatamente con i pazienti. Jägerfeld ha constatato una mancanza di preparazione nel suo stesso settore: capita che gli psicologi non sappiano nulla delle transizioni e siano i pazienti a doverli educare in materia.
Gli individui non binari sono, secondo l’esperienza di psicologa di Jägerfeld, alcune tra le persone che subiscono più di frequente la micro-aggressione del vedersi attribuire un pronome sbagliato per malevolenza o semplice ignoranza altrui (e qui c’è un significativo scambio di sguardi fra lei e Bertolini).
I personaggi di Jägerfeld abitano lo stesso mondo degli altri vivendo però una condizione di isolamento, immagine che sembra evocare un’illustrazione di Da sola in cui la protagonista, che balla da sola per strada e «non è umana o altro animale», si ritrova in equilibrio su un piano inclinato, mentre dall’altro lato, al contrario, figurano in piedi altre persone.
Jägerfeld e Bertolini concordano sul fatto che gli esseri umani ragionino per semplificazioni, tendendo a identificare tutti come o maschi o femmine e, aggiunge Bertolini, queste due categorie permettono di avere un genere che opprime e un genere che è oppresso, e di protrarre questa oppressione. Ciò nonostante, nessuno dei due artisti intendeva farsi attivista con le proprie opere: entrambi sono partiti dalle storie che volevano raccontare e non dal messaggio, perché un libro esclusivamente pedagogico sarebbe risultano noioso e potenzialmente controproducente. Jägerfeld vuole comunicare con le sue storie, raccogliendo l’eredità di Ulf Stark, la serietà e le stranezze della vita attraverso l’umorismo e un piccolo elemento di pazzia.
Questo intento si coniuga perfettamente con quello della collana “I Miniborei” in cui si colloca Grande, bro!: portare in Italia la letteratura per ragazzi scandinava con le sue storie autentiche e verosimili che, in contrasto con molta della letteratura italiana per bambini e ragazzi, non vuole edulcorare la realtà evitando di esporre i bambini alla sofferenza e alla tristezza, ma presentarla così com’è, per offrire loro una visione del mondo autentica e non fiabesca.
Lisa Bozzolo

