Il marketing editoriale non è una scienza esatta: social, dati e identità d’autore secondo Anna Zinola
Marketing editoriale, strategie promozionali per i libri, visibilità degli autori: nel mondo dell’editoria contemporanea, questi temi sono diventati centrali per chiunque voglia portare un libro al successo. Quali strumenti funzionano davvero per promuovere un libro? Come cambia il ruolo dell’autore nell’epoca dei social media? E qual è l’equilibrio tra valore culturale e logiche di mercato? Ne parliamo con Anna Zinola: consulente, docente universitaria ed esperta di comunicazione ci offre uno sguardo lucido sulle strategie più efficaci per promuovere un libro oggi tra dati, social network, packaging e identità autoriale.
In un mercato editoriale sempre più affollato, quali strategie di marketing reputa davvero efficaci per dare visibilità a un libro?
Oggi sono i social a fare la differenza. Non vedo molte alternative valide: TikTok, YouTube, Instagram sono gli strumenti più efficaci. Farei però un distinguo tra due approcci. Da un lato ci sono i libri che iniziano a circolare online grazie a una strategia, anche parzialmente casuale, ma ben costruita: se una persona con un buon seguito li segnala, può attivarsi un passaparola molto potente. Dall’altro lato, ci sono i libri scritti da chi possiede già un forte profilo social. Personalmente preferisco i primi, perché dietro c’è un lavoro, una logica, un’intenzione. I secondi spesso si affidano soltanto alla fama del personaggio, che è effimera e può cambiare molto in fretta.
Quanto incide oggi il “packaging” di un libro nelle scelte del lettore, rispetto al contenuto?
Ha sempre inciso, anche se oggi se ne parla di più. La differenza è che ora c’è una maggiore consapevolezza da parte degli editori: si è capito che la copertina comunica identità, posizionamento, coerenza. Prendiamo Einaudi o Adelphi: le loro copertine sono state per anni riconoscibili e questa scelta ha avuto un valore preciso. Oggi, il packaging è studiato con cura, proprio perché si riconosce il suo potere comunicativo. C’è anche un effetto “alone”: si pensi, ad esempio, alla diffusione delle copertine con volti in primo piano, nate con il successo di La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano.
I lettori sono sempre più esigenti. Come può il marketing editoriale rispondere a questa domanda senza snaturare il valore culturale del libro?
È una sfida complessa. Le case editrici sono imprese e il libro è un prodotto, seppur particolare. Questo significa che serve sempre una mediazione tra la logica commerciale e quella culturale. Bisogna chiedersi: a chi mi rivolgo? Chi è il mio lettore ideale? Come lo intercetto? Cosa voglio comunicare? In base a queste risposte, si sviluppa una strategia, anche in termini di conto economico. Proporre il libro come un prodotto non significa sminuirlo, anzi: vuol dire crederci, investire, dargli un’identità forte e coerente.
Come possono le case editrici usare i dati (vendite, trend social, letture digitali) per orientare le scelte promozionali ed editoriali?
I dati sono il punto di partenza. Aiutano a capire cosa funziona e cosa no: dai filoni narrativi, ai formati, ai prezzi, fino al tipo di promozioni più efficaci. Ma per cogliere davvero i trend emergenti bisogna saperli incrociare con dati di altri mercati. Se noto, ad esempio, una crescita dell’interesse per l’estetica gotica nei fumetti o nella moda (vedi l’aumento di smalti neri venduti rispetto a quelli rossi), posso immaginare che anche in letteratura questo filone possa trovare un pubblico. I dati, insomma, raccontano macrofenomeni: per scoprire i segnali deboli, serve creatività nell’analisi.
Quale peso ha oggi l’autore come “brand”?
Molto. Ma bisogna distinguere: c’è chi nasce scrittore e poi diventa personaggio pubblico, e chi nasce influencer e diventa scrittore. Nel primo caso, è importante costruirsi uno “zoccolo duro” di lettori affezionati, capaci di seguire anche le evoluzioni dell’autore, come accade con i musicisti. Nel secondo caso, il rischio è che la visibilità sia effimera. Un esempio interessante è quello di Elena Ferrante: pur nella totale riservatezza, si registra un posizionamento molto preciso, in termini di pubblico e comunicazione. L’autore come brand è sempre esistito, ma oggi tutto è più amplificato.
Il marketing editoriale tende a concentrarsi sulle novità. Esistono strategie efficaci per valorizzare anche i titoli di catalogo?
Sì, anche se limitate. Si può lavorare sui generi, creare campagne tematiche, oppure sfruttare l’uscita di un nuovo libro per rilanciare i precedenti dello stesso autore. La serialità aiuta. Poi ci sono libri che, per motivi intrinseci, continuano a vendere nel tempo grazie al passaparola: in quel caso, non serve nemmeno spingerli troppo. Vanno da soli.
Podcast, eventi, contenuti audiovisivi: che ruolo hanno oggi questi strumenti nel “raccontare” un libro?
Un ruolo sempre più centrale. Tutto ciò che crea esperienza intorno al libro, dai festival agli incontri con l’autore, dai corsi ai gadget, contribuisce alla promozione. Tuttavia, se l’autore non è molto conosciuto, questi eventi rischiano di avere un impatto limitato. In quel caso, inserirsi in contesti già strutturati, con ospiti di rilievo, può aiutare a creare risonanza.
Nel suo libro La dittatura dell’entertainment sostiene che l’intrattenimento oggi è il linguaggio dominante. Quanto sta influenzando l’editoria?
Il libro può e deve intrattenere. Pensiamo ai romanzi di Flaubert: all’epoca erano pura narrazione popolare, pubblicati a puntate. Il problema non è l’intrattenimento in sé, ma l’idea che tutto debba esserlo. A volte, tematiche profonde vengono semplificate eccessivamente. Questo appiattimento mi preoccupa più dell’uso del linguaggio dell’entertainment in sé.
Come viene utilizzata oggi l’intelligenza artificiale nel marketing editoriale e come potrebbe essere usata in futuro?
Molte aziende stanno sviluppando modelli propri, nel tentativo di non alimentare quelli esterni. Ma questi tentativi rischiano di essere inefficaci. L’AI potrebbe essere davvero utile per analizzare grandi volumi di dati provenienti da ambiti diversi, trovare connessioni inattese e fornire insight preziosi. Nell’analisi, nella generazione di payoff, nelle attività operative può essere uno strumento molto efficace.
Se potesse dare un solo consiglio a chi vuole lavorare nel marketing editoriale, quale sarebbe?
Essere curiosi. Avere gli occhi aperti. Le idee nascono osservando, mettendo insieme stimoli diversi, mescolando ambiti, contaminando linguaggi. Non esiste una ricetta unica: servono intuito, spirito di osservazione e un pizzico di fortuna.
Sonia Lo Nobile
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