PELLICOLE DI CARTA. DA GOGOL’ A TIM BURTON: QUINDICI ROMANZI AL CINEMA
Presentazione di Nuccio Lodato
Edizioni Santa Caterina, 2010 – (Quaderni del Master di editoria ; 3), pp. 260
EURO 10.00
Un romanzo sul grande schermo nasce una seconda volta attraverso la metamorfosi dalla fissità del testo al movimento dell’immagine. Ecco Pellicole di carta, un libro che è un viaggio sospeso tra letteratura e cinema, in cui la potenza evocativa delle parole si fonde con la forza immaginifica dei fotogrammi: due linguaggi artistici che raccontano in modo diverso storie di uomini e di mondi, grazie a registi e scrittori, in primo luogo autori, che ci consegnano una personale visione della realtà con cui possiamo, e dobbiamo, confrontarci.
Sommario
– Pagine e schermo? Bianchi entrambi… (Nuccio Lodato)
– Un viaggio nell’interiorità. I veli della percezione in Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen (Chiara Luelli)
– L’esistenza invisibile. Il cappotto di Gogol’ nella scrittura visiva di Alberto Lattuada (Marina Rossi)
– Dal sogno alla realtà. Il viaggio di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll (Nicla Pavesi)
– La strada verso il nulla. La ricerca di un’autenticità irraggiungibile negli Indifferenti di Alberto Moravia (Elena Spadiliero)
– Un “ritorno” aspettato. Fortuna cinematografica del Mondo Piccolo di Guareschi (Sara Galinetto)
– Un puro amore a tre. La storia di Jules e Jim (Marianna Pigliafreddo)
– Un romanzo immerso nel mito. L’isola di Arturo: analogie e divergenze tra romanzo e film (Eleonora Rossi)
– La quotidianità della storia. Il segreto dell’essere. Il dottor Zˇivago da Borís Pasternàk a David Lean (Gabriele Micale)
– I piloti più pazzi del mondo. Comma 22. Una satira antimilitare di dimensioni epiche (Marco Sparpaglione)
– I maestri di Vigevano. Un personaggio da Mastronardi a Sordi (Serena Savini)
– In Cold Blood. Romanzo e verità in Truman Capote (Viola Tavazzani)
– Scrittura cinematografica e cinema di poesia. Teorema di Pier Paolo Pasolini (Sandra Bardotti)
– Genialità o follia omicida? Il personaggio di Jean-Baptiste Grenouille tra Süskind e Tykwer (Marco De Giovanni)
– L’intera vita di una donna in un giorno. The Hours: il best seller di Michael Cunningham e il film di Stephen Daldry (Ilaria Zambelli)
– Crescere in fretta. Io non ho paura nell’esperienza di Niccolò Ammaniti (Sara Celia)
PRESENTAZIONE
“Pagine e schermo? Bianchi entrambi…” di Nuccio Lodato
La questione – oltretutto assai spesso malposta – del rapporto tra cinema e letteratura ha quasi ingorgato per decenni la circolazione delle idee in libri e riviste, conferenze e dibattiti, corsi e cicli. Anche perché si è troppo spesso finito per affrontarla in chiave di irrichiesto controllo ispettivo: il monitoraggio supercilioso di una non meglio definibile “fedeltà”.
Alcuni soggetti illuminati e coinvolti in modo diretto avevano invece già saputo, per la verità, indicare coll’esempio le vie d’uscita dai meandri dello pseudoproblema. Classico il caso di Alberto Moravia, che nella sua duplice veste di narratore trascritto dal cinema quanto probabilmente nessun altro vivente, quasi una trentina di volte, e di pluridecennale critico cinematografico dell’“Espresso”, non ebbe mai a sollevare l’oziosa quanto irrisolvibile questione coi registi che di volta in volta vollero cimentarsi con le sue pagine, ma seppe sempre valutare il loro lavoro come un’entità autonoma, al cui soggetto si sentiva del tutto estraneo. Rammentando così a tutti e a ciascuno che, in partenza, la pagina è liberamente bianca, proprio come lo sarà lo schermo prima dell’avviarsi del proiettore.
«Nel film non è possibile mantenere tutte le parti del libro, per una questione di tempi» annota naturalmente l’autrice del saggio dedicato proprio al suo Gli indifferenti e alla rilettura ’64 di Maselli. Non dimentichiamo che nel ’22 il fallimento tragico del geniale Stroheim di Greed fu propiziato anche dall’illusione aprioristica di poter trascrivere in fotogrammi il McTeague – da noi: Una storia di San Francisco – di Frank Norris parola per parola, sortendone… ventotto ore di girato! E neppure che, paradossalmente, al Visconti dell’irraggiungibile Gattopardo fu rinfacciato all’epoca, dal fuoco della critica amica, di essere rimasto… troppo fedele a Tomasi di Lampedusa!
Dall’incombente pericolo di impaniarsi nell’ormai vieta querelle era al riparo preliminarmente solo chi si sarebbe occupato di Teorema: qui la fedeltà da sinossi è garantita non solo dall’identità d’autore, ma addirittura dal passaggio a ritroso, di sua mano, dal film al libro. Non c’è però assolutamente caduto, pur analizzando, con la debita precisione e all’occorenza minuziosità, analogie e differenze tra i due apparati testuali, nessuno dei destinatari di questo master: il che depone con nettezza a favore tanto delle facoltà e attitudini dei discenti, quanto della qualità delle docenze di cui hanno potuto fruire.
La lettura dei lavori è decisamente attraente: pur spaziando attraverso quasi due secoli di narrativa (dal primo Ottocento della Austen e da quello medio di Gogol’, al fortunato romanzo di Ammaniti che non ha neppure dieci anni…) e quasi sessant’anni di pellicole (Il cappotto e Il ritorno di don Camillo dischiudono i nostri anni cinquanta; la controversa ma comunque ammaliante Alice di Burton gira ancora nelle sale ed è appena uscita in homevideo), essi denotano, in comune, tanto una scelta esperita con mano felice di autori, libri e film, quanto la dimostrata acquisizione di un metodo dispiegato in corso d’opera. E hanno la forza di invitarci credibilmente a un “ripasso” di romanzi e film così coinvolgente da farci una volta tanto superare, forse, il consueto ruolo di lettori passivi, inducendoci attivamente alla ripresa in mano di volumi e dvd. Sono abbastanza convinto ad esempio – ma il discorso potrebbe estendersi a ciascuno degli altri contributi, a seconda degli interessi di chi leggerà – che buona parte degli spettatori anche soltanto di uno dei due recenti e coevi film su Truman Capote, di cui parla il saggio che chiude il volume, saranno convinti dalla lettura (ove già non indottivi dalla loro diretta visione…) a riprendere certo il romanzo A sangue freddo, e forse anche l’edizione domestica dell’altro terribile capolavoro, quello che ne trasse per lo schermo Richard Brooks nel 1967.
Congedo queste righe da Venezia, alla vigilia del giorno in cui si proietterà l’atteso Noi credevamo di Mario Martone dal romanzo di Anna Banti. Al di là dell’esito, per poche ore ancora ignoto, della complessa e ambiziosa operazione, una nuova palestra per questo filone di lavoro, e la magnifica occasione di riportare all’attenzione generale una superba narratrice illecitamente dimenticata.
Nuccio Lodato
Premessa degli autori
Che cosa hanno in comune don Camillo e Virginia Woolf o il dottor Zˇivago e Alice nel Paese delle Meraviglie? È l’affascinante passaggio dalla parola scritta all’immagine in movimento, quando i grandi personaggi della letteratura prendono vita grazie all’opera di eccellenti registi; quando i romanzi, da Gogol’ ad Ammaniti, da Moravia a Capote, sono riletti attraverso lo sguardo della settima arte, da Lattuada a Pasolini, da Truffaut a Salvatores a Tim Burton.
Il cinema è la nuova letteratura? Recentemente lo sciopero di autori e sceneggiatori cinematografici ha costretto a fare i conti con una scomoda realtà: a causa della mancanza di storie originali e convincenti da raccontare, i successi recenti sul grande schermo sono spesso trasposizioni di opere letterarie.
Il volume Pellicole di carta tratta questa forma di traduzione intersemiotica, valutando vantaggi e svantaggi della particolare metamorfosi dalle parole scritte ai fotogrammi. Perché un libro che diventa film gode dell’indiscussa potenza evocativa delle immagini e dei suoni propria del suo mezzo, grazie alla loro efficacia espressiva nel veicolare emozioni. Sebbene al tempo stesso le 600 pagine di In Cold Blood inevitabilmente perdano dettagli, toni e sfumature nelle due ore del film. Partendo da Jane Austen per arrivare ad Ammaniti, si affrontano casi di trasposizioni fedeli all’originale, come The Hours di Michael Cunningham, ed episodi di stravolgimento di dinamiche e personaggi come avviene in Il ritorno di don Camillo di Guareschi, si parla di autori-registi come il Pasolini di Teorema, fino a trattare di libere interpretazioni onirico-visionarie, come Alice nel Paese nelle Meraviglie rivisto da parte di Tim Burton.
Come è stato scritto da Mastronardi, uno degli scrittori sul grande schermo, «il cinema compie questo miracolo di animare tutto quello che è scritto in una pagina, chiuso in un libro; poi improvvisamente il personaggio, la gente, prende vita». Non di rado avviene che il cinema usi la letteratura anche in termini meramente evocativi per creare opere “altre” e i testi in questo caso servono ai maestri della visione per dare corpo al loro mondo creativo.
In ultima analisi, secondo Benjamin, «le traduzioni sorgono quando un’opera ha raggiunto, nella sua sopravvivenza, l’epoca della sua gloria. […] In esse la vita dell’originale raggiunge, in forma sempre rinnovata, il suo ultimo e più comprensivo dispiegamento».
Questo volume è il punto d’arrivo di un percorso culturale e formativo dei quindici diplomati del Master universitario in editoria di Pavia che hanno progettato, redatto, impaginato e allestito il libro in ogni sua parte; tuttavia Pellicole di carta non deve essere considerato un puro esercizio di stile, ma uno strumento utile per orientarsi nel labirintico legame tra cinema e letteratura da amanti di entrambi i generi.
«Per amore si può morire. Specialmente nei brutti film e nei cattivi romanzi». Ma questo non ci farà smettere di leggere o di andare al cinema.
Gli autori-studenti del Master