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L’arte del tradurre | Intervista a Massimo Bocchiola 

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Massimo Bocchiola

Il traduttore è il mediatore a cui è affidato l’arduo e necessario compito di rendere intellegibile non solo un testo in un’altra lingua, ma anche il mondo, la cultura in cui è immerso. Se la traduzione non esistesse, sosteneva George Steiner, «abiteremmo province confinanti con il silenzio». Per l’inglese ci viene in aiuto Massimo Bocchiola, poeta e autore, che per la sua attività come traduttore, nel 2000 ha ricevuto il premio nazionale del Ministero per i Beni Culturali. A fine gennaio è uscito in libreria il suo ultimo lavoro, la traduzione di Quanto Blu, il nuovo romanzo di Percival Everett. Oggi parliamo con lui di traduzione, di revisione e della figura del traduttore all’interno della casa editrice.

Professore, dopo avere insegnato alcuni anni Lettere nelle scuole si è dedicato soprattutto alla traduzione dall’inglese. Come si è avvicinato a questo mestiere? 

Casualmente, come succedeva spesso allora, primi anni ’90, in assenza di corsi di laurea specializzati. Avendo rinunciato a fare il filologo romanzo, professione per cui non avevo talento, ho cominciato a collaborare con alcune case editrici facendo varie cose. A un certo punto i miei editor di riferimento mi hanno dato da tradurre dei librini per ragazzi e hanno concluso che era la cosa che sapevo fare meglio. È cominciata davvero così. Più o meno.

Nel corso dei secoli sono stati tanti gli intellettuali e gli studiosi che si sono occupati di traduzione. Nel 1813, in Sui diversi metodi del tradurre, Schleiermacher indicava due diverse vie che il traduttore può percorrere nel suo lavoro: da una parte far privilegiare l’attenzione filologica e la fedeltà al testo di partenza e dall’altra il suo addomesticamento per andare incontro al lettore. Premettendo che ogni traduzione è un caso a sé, quando lei traduce, predilige una certa modalità?

Cerco di essere il più ligio possibile alle forme sintattiche originali. Il lessico e gli idiomatismi vanno trattati comunque con elasticità.

Quali emozioni suscita in lei l’atto del tradurre?

Dopo trent’anni? Quando non domina la routine, devo rispondere divertimento.

Lei ha tradotto numerosi autori, tra cui Rudyard Kipling, Samuel Beckett, Thomas Pynchon, Paul Auster, Charles Bukowski, Irvine Welsh, John Steinbeck e tanti altri. C’è un autore che preferisce? E c’è un autore che le piacerebbe molto tradurre in futuro?

Proprio uno solo ne devo scegliere? Allora Pynchon.

Nel presente, in realtà. Sto facendo i racconti di Poe. Sono un po’ un laticlavio. Per il sudario – professionale, per amor del Cielo… – è ancora presto.

Professore, lei ha lavorato per diverse case editrici, tra cui Adelphi, Einaudi, Rizzoli, Mondadori. In generale, secondo la sua esperienza, come viene considerato il traduttore all’interno della casa editrice?

Difficile dare una risposta univoca. Diciamo che per Adelphi l’autorità finale è l’editor, per lo più interno, che revisiona la traduzione. Gli altri danno più spazio alla personalità del traduttore. Ma ci sono più eccezioni che regole.

I libri tradotti prima di essere pubblicati vengono rivisti dal revisore, interno alla casa editrice. Come traduttore ha mai dovuto difendere una sua traduzione dal giudizio di un revisore?

Altro che. Anche con travasi di bile e, lo ammetto, qualche volta con imbarazzo. Però è successo molto raramente, altrimenti avrei cambiato mestiere.

Spesso i traduttori sono anche revisori. Ha mai ricoperto il ruolo di revisore?

Lo faccio tuttora, ma solo per “modernizzare” qualche traduzione invecchiata.

In questo periodo a cosa sta lavorando?

Come dicevo, a Poe e al mio 007 annuale. Quest’anno La spia che mi ha amata.

Ultima domanda. Qual è il suo libro preferito? O quali sono, se sono più di uno?

Ne dico quattro, per quanto mi hanno colpito in diversi momenti della mia vita. L’Orlando furioso, Delitto e castigo, Quarta dimensione di Ritsos, Chadzi Murat di Tolstoj. Poi tutte le tragedie storiche di Shakespeare. E Amleto, e Macbeth. E tutto Swift. E Proust. Orazio. Il Master di Ballantrae di Stevenson. Moby Dick. E Borges. E Gadda, Fenoglio. Ecc. Ecc. Ecc.

 

 

Giulia Pellegatta