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“Via col Verde”: Progettazione per un mondo che cambia

L’articolo che state per leggere fa riferimento alla seconda sezione del nostro libro, Progettazione per un mondo che cambia. Qui, noi masteristi racconteremo le scelte compiute da alcune case editrici, o da settori interi, per organizzare e trasmettere al pubblico il proprio messaggio sulla questione ambientale. Dall’agenda 2030 dell’editoria scolastica a chi da sempre si occupa del pianeta, Edizioni Ambiente, fino ad arrivare alla collana green di nottetempo. Proprio riguardo a quest’ultimo argomento, Alessandro Tacchino ci regala un approfondimento prezioso, che scava a fondo nella filosofia che sta alla base di questa collana: una genesi affascinante, che probabilmente vi sorprenderà e vi svelerà come l’editoria può contribuire a un’impresa grande, titanica, come… sorreggere il cielo.

Non perdetevi gli approfondimenti sulle prossime sezioni e, se ve lo siete perso, recuperate quello su “Autori di natura”!

Federico Arata

 

Il mondo in equilibrio su una storia

Un breve racconto sugli yanomami, popolazione indigena del Brasile settentrionale, e del loro portavoce tra gli occidentali, Davi Kopenawa

 

Gli yanomami sono un popolo indigeno del Brasile che vive nella zona settentrionale della regione. Abitano una porzione che sulle cartine appare microscopica di una enorme foresta pluviale, e lo fanno con capanne di legno e fango sistemate a creare una complessa rete amministrativa di villaggi e province. Come ogni nazione che si rispetti – indigena o meno – anche quella degli yanomami ha una propria mitologia. Racconti che affondano la loro origine all’inizio delle cose e che parlano di dèi e uomini, lotte e tregue, in un susseguirsi eterno di poli che ha costruito il mondo in cui viviamo tutti. 

Che cosa c’entra questo con un saggio sull’editoria, ci si chiederà arrivati qui. Be’, la faccenda è complessa e spiegata altrove. Ora è l’occasione, credo, di capire bene chi sono gli yanomami e perché uno di loro, Davi Kopenawa, è così importante.

Materia di uno di questi miti è la creazione del cielo e della terra, guarda caso. Non c’è un vero e proprio dio, per gli yanomami, ma qualcosa di simile a quello che Platone chiamava un demiurgo. Le domande più complesse – per esempio, da dove arriva la materia stessa – sono questioni che restano appannaggio dei misteri. A noi occidentali basti sapere che c’è un demiurgo che prende qualcosa di informe, materia grezza, appunto, e la plasma per dar forma al mondo. Il demiurgo si chiama Omama, in questa storia. E Omama si ritrova un problema non da poco quando vede che il cielo che ha creato e la terra sono schiacciati l’uno sull’altra, perciò deve ingegnarsi per trovare una soluzione, semplice tutto sommato: solleva il cielo e mette dei grossi e imperituri pilastri a sorreggerlo. Questi pilastri, decide – non può essere tutto facile, in un mito –, non saranno fatti di roccia o legno, ma di storie. Il cielo, in buona sostanza, resterà lì dov’è solo finché gli yanomami si racconteranno le storie delle origini, quella mitologia di cui Omama stesso sapeva di far parte. 

A rendere tutto ancora più difficile è il fatto che le storie non possono essere raccontate da chiunque – o meglio, sì, ma non possono essere raccontate bene. Ci vogliono dei maestri di storytelling, gli sciamani. Solo gli sciamani conoscono le parole giuste per narrare le storie delle origini, e Davi Kopenawa è uno di loro

Vogliamo aggiungere un po’ di pepe a questo articolo? Negli anni cinquanta, alcuni avventurieri occidentali (Kopenawa li chiama «gente di Teosi», in cui «Teosi» è una storpiatura di «deus», il portoghese per «dio») sono entrati nella foresta degli yanomami per costruire città e superstrade, e come ogni popolo dall’inizio dei tempi, anche gli yanomami sono molto gelosi della loro terra, il che li ha portati a un atteggiamento ostile verso gli occidentali. Ma non sono genti violente – a eccezione degli abitanti degli altipiani, ma anche qui la ragione è mitica – e non si sono mai ribellati con la forza. Non ci sono state battaglie o imboscate dove sono stati decimati e trucidati. Gli yanomami hanno iniziato a morire per le malattie portate dall’esterno. Il che cominciò a preoccupare seriamente gli sciamani, che vedevano il loro cielo vacillare. 

Una soluzione andava trovata, e l’idea venne proprio a Davi, che conosceva da vicino i Bianchi. Aveva vissuto con loro per parecchio tempo, aveva addirittura desiderato essere come loro, salvo poi accorgersi di quanto fossero nocivi per il suo popolo. Nei suoi contatti con gli occidentali conobbe un certo Bruce Albert, un antropologo che con immensa fatica era riuscito a conquistarsi la fiducia di molti yanomami e che imparava ogni giorno qualcosa di nuovo sul loro conto. Bruce e Davi erano diventati amici; Davi era intanto diventato sciamano e Bruce un rinomato ricercatore. Lo yanomami pensò che un modo per chiedere ai Bianchi di lasciare in pace la sua foresta fosse girare il mondo tenendo conferenze in cui esprimeva le proprie ragioni. Ma non bastò. Insieme ad Albert, però, trovarono un’altra soluzione. 

Insieme all’antropologo, Davi capì che l’unica autorità che i Bianchi sembravano seguire era quella del libro. Se una cosa è scritta in un libro, allora è vera, o, se non è vera del tutto, almeno è autorevole e merita di essere letta. Perciò chiese al suo amico Bruce uno sforzo immane: gli chiese di trascrivere le sue storie, le sue ragioni, le usanze e il passato del suo popolo, affinché i Bianchi, una volta per tutte, sapessero. Bruce accettò, e venne fuori un volume di oltre mille pagine su una cultura che, come moltissime altre che non hanno avuto l’iniziativa di Kopenawa, è alla frontiera dell’oblio. Questo libro è il primo libro yanomami. È stato pubblicato in Francia nel 2010 da Plon con il titolo La Chute du ciel. In Italia, Andrea Gessner, fondatore di nottetempo, l’ha portato con il titolo La caduta del cielo. Ed è qui che comincia la nostra, di storia. 

 

Alessandro Tacchino