Cronache Ribelli
Interviste

Editoria, divulgazione storica e militanza: intervista a Cronache Ribelli

Metaforicamente parlando, potremmo paragonare le case editrici indipendenti alle botteghe di artigianato: fucine di creatività che lavorano per realizzare prodotti originali, rifiniti e curati nei dettagli. Rispetto agli immensi cataloghi e alle novità continuamente lanciate dai grandi marchi, le piccole realtà si concentrano su un numero limitato di pubblicazioni che si inseriscono coerentemente nei progetti e nelle collane, che plasmano e costruiscono l’essenza della casa editrice. Emergere nel vasto e competitivo panorama editoriale implica che le case indipendenti scelgano di distinguersi per argomenti trattati o particolari scelte grafiche facilmente riconoscibili dai lettori e dalle lettrici. Darsi una precisa linea editoriale e focalizzarsi su un determinato target di potenziali acquirenti sono sfide che finiscono per scontrarsi con diversi limiti come i costi, la distribuzione e la concorrenza. Quali sono allora le strategie di sopravvivenza di una casa editrice indipendente? Come si distribuisce il lavoro al loro interno e quali sono i loro obiettivi? Insieme a Matteo Minelli, co-fondatore di Cronache Ribelli, cercheremo di fare luce su queste realtà.

Quando nasce il progetto editoriale di Cronache Ribelli?

Cronache Ribelli
Copertina dell’almanacco d’esordio, Cronache Ribelli

Il progetto di Cronache Ribelli nasce nel 2016 da un gruppo di ragazz* provenienti da studi di carattere storico, politico e umanistico. Abbiamo deciso di formare un piccolo collettivo dedicato alla divulgazione storica delle classi subalterne, delle minoranze, delle soggettività oppresse e delle loro lotte per l’emancipazione. Fin dall’inizio abbiamo rifiutato finanziamenti pubblici e privati, decidendo di utilizzare i social per raggiungere un vasto pubblico e adottando un linguaggio molto divulgativo e un format al passo con la contemporaneità. Dopo due anni di questo lavoro, grazie all’ampio seguito e all’apprezzamento ottenuto, abbiamo prodotto il nostro primo libro: Cronache Ribelli, un almanacco che racconta storie di lotta che attraversano epoche, spazi geografici e contesti diversi.

Non solo è stato il nostro esordio editoriale, ma anche il nostro libro più apprezzato con oltre 7.000 copie distribuite e 100 presentazioni dal vivo. Questa prima pubblicazione sancisce l’inizio della nostra avventura editoriale in cui continuiamo a occuparci di storie di lotta e di ribellione, dando spazio a temi come la Resistenza e l’antirazzismo. Oltre alla saggistica, nel nostro catalogo sono presenti anche biografie, libri per bambini, una raccolta poetica e un romanzo. Quello che tiene insieme tutti questi libri sono le tematiche che vogliamo far conoscere al pubblico.

Qual è la “missione” della vostra casa editrice?

La nostra casa editrice ha il compito di pubblicare le produzioni del nostro collettivo e quelle di autor* che realizzando opere attinenti alle tematiche che trattiamo, condividono anche il nostro percorso ideale e le nostre scelte di politica editoriale. Nello specifico, non facciamo pubblicazioni a pagamento ma retribuiamo i nostri autori, non abbiamo un distributore ma intratteniamo rapporti diretti con oltre 50 librerie e spazi che hanno le nostre pubblicazioni, non vendiamo nei grandi store online e nelle grandi catene ma dal nostro sito e nelle realtà a noi affini, come librerie indipendenti, spazi sociali, circoli e luoghi che condividono questo percorso.

Nel panorama delle case editrici indipendenti con quali realtà collaborate o organizzate eventi e attività?

AltaVoce
Festival AltaVoce (Perugia)

Siamo legati a diverse realtà editoriali perché distribuiamo anche i loro libri. In particolare alla Red Star Press, la prima casa editrice con cui abbiamo avuto un rapporto di collaborazione stabile, a WOM e a D Editore: tutte realtà che ci hanno aiutato nell’organizzazione del recente festival librario “AltaVoce”, che si è tenuto nella nostra Perugia dal 2 al 4 giugno, con la presenza di oltre 30 case editrici indipendenti, di 16 presentazioni di libri, talks e dibattiti. Una bellissima esperienza valorizzata dalla presenza di migliaia di lettori.

Quali difficoltà si riscontrano in una piccola casa editrice indipendente? E quali sono invece i suoi punti di forza?

La grossa difficoltà che hanno molte case editrici indipendenti è legata al fatto di far conoscere il proprio lavoro e le proprie pubblicazioni. Sia il sistema distributivo sia i media del settore sono del tutto supini agli interessi dei grandi gruppi editoriali: noi nel nostro piccolo abbiamo costruito un rapporto diretto con i lettori, bypassando completamente tutto il sistema della distribuzione. Questo in pochi anni ci ha permesso di distribuire oltre 20.000 libri. Sicuramente la difficoltà che noi riscontriamo è data dall’immensa mole di lavoro che portiamo avanti. Siamo l’unica realtà editoriale formata da un collettivo di scrittori che pubblica le proprie opere, pubblica quelle degli altri e al tempo stesso gestisce una divulgazione quotidiana sui social. Viceversa, la nostra forza sta non solo nel rapporto diretto coi lettori ma nella trasparenza e diversità del nostro lavoro. Siamo una realtà unica, e questo è riconosciuto e apprezzato.

Come si struttura il lavoro all’interno di Cronache Ribelli?

Siamo una realtà davvero democratica e orizzontale. Tutte le decisioni strategiche sono prese collettivamente in riunioni settimanali, dove l’obiettivo è trovare un punto di vista comune. Tutti abbiamo ricoperto tutti i ruoli: scrivere, editare, spedire, produrre e moderare contenuti sui social.

Interessante è la nuova collana dedicata a scrittori/scrittrici esordienti. Come è nato questo progetto e con quali motivazioni?

Nello specifico la collana dedicata a scrittor* esordienti di materiale saggistico è di recente nascita dal punto di vista formale. Ma il primo libro che abbiamo pubblicato di questa natura è Fammi volare capitano, un saggio del 2020 dedicato a Capitan Harlock e ai messaggi politici e sociali che traspaiono dalla sua opera. L’obiettivo di questo lavoro, oggi come allora, è far vedere che anche una piccola realtà come la nostra può contribuire a far conoscere lavori meritevoli, benché provenienti dalla penna di autor* non conosciuti. L’opposto di quello che fanno i grandi gruppi editoriali che pubblicano libri di personaggi noti sui social, nel mondo dello spettacolo o dello sport: prodotti che spesso non hanno alcun valore culturale ma che semplicemente mirano a un semplice profitto da estrapolare alla fan-base dei suddetti personaggi. In questo modo viene meno il compito che una casa editrice seria dovrebbe portare avanti e di conseguenza il mercato si inonda di libri di scarso valore culturale.

Qual è il vostro rapporto con i social network? Li ritenete un importante mezzo di divulgazione? Qual è il social più “adatto” per i vostri contenuti?

I social sono stati lo strumento con cui abbiamo fatto conoscere la storia che ci interessava raccontare a un pubblico vasto. Oggi contiamo oltre 300.000 followers nelle principali piattaforme e creiamo almeno 15 contenuti settimanali. Sappiamo che i social hanno molti limiti, tra cui il fatto di non essere uno spazio neutrale e libero – noi stessi siamo stati continuamente oggetto di censura nel momento in cui affrontavamo determinati temi – ma al tempo stesso restano uno dei principali strumenti di divulgazione. Storicamente il più adatto ai nostri contenuti è stato Facebook, ma le ripetute censure, limitazioni e blocchi ci stanno facendo transitare verso Instagram e da poco su TikTok.

 

Lisa Riccetti