
Il marchio dell’editore. Niente di meglio di un Ferretti
Qualcuno, non molto tempo fa, ci ha chiesto di riassumere in un aggettivo o in una breve espressione il significato di editoria. Sfida difficile, questa; quesito apparentemente semplice e allo stesso tempo così ostico e sfaccettato (risultato: diciotto masteristi, diciotto risposte differenti). Eppure, quanto sarebbe stato facile rispondere, se la domanda fosse stata: «Cos’è la storia dell’editoria?». In questo caso, una voce si sarebbe alzata per rispondere all’unisono, senza timor di dubbio: Gian Carlo Ferretti.

Forse non c’è vocabolo migliore per descrivere Ferretti se non quello di precursore. Un pioniere che, come quel John Winthrop che nel 1629 fondò la Massachusetts Bay Colony, diventando il primo vero maître a penser statunitense, non si è limitato solo a rivendicare un pezzo di terra vergine affondando una bandiera sulla sua superficie, ma ha lavorato tutta la vita per stabilire gli equilibri e gli orizzonti per gli studiosi delle generazioni a venire; una pletora di cultori che, oggi, è costituita da professori universitari, intellettuali di prestigio, editori storici ed editori futuri. E Ferretti, per tutto questo tempo, è sempre stato presente: grazie al suo «gusto per la scoperta» il filone d’oro della sua ricerca non si è ancora esaurito.
La storia che Ferretti ci ha raccontato in questi cinquant’anni non è mai stata, per dirla come Croce, così contemporanea. Le turbolenze editoriali del Novecento conservano ancora un vigore che ci spinge a riflettere sulle sfide che ci presenterà il futuro. Ed è per questo che il suo nuovo libro, Il marchio dell’editore, pubblicato nel maggio 2019 da Interlinea, risulta più che mai necessario.
Un’opera che, prima di tutto, è un viaggio nel tempo. Un viaggio tra scritti e interventi che vanno dal 1952 al 2019, mai raccolti in volume. Un viaggio che acquista più importanza se si pensa che l’autore non è stato solo uno studioso in grado di osservare gli eventi solamente dalla sua turris eburnea, ma, e soprattutto, un vero e proprio testimone delle maggiori vicende editoriali del Novecento, un amico delle grandi personalità che hanno contribuito a plasmare, indirettamente o meno, la cultura che oggi respiriamo.

Dal laboratorio dei “Gettoni” alla fondazione di Dea Planeta, dalle grandi personalità ai rifiuti più interessanti, dagli scritti su Gramsci alle sfide della rete, questo libro, oltre a essere la massima espressione della «vocazione» di Ferretti (che non poteva trovare descrizione migliore per la sua carriera), è soprattutto il suo migliore compendio intellettuale. Una lettura adatta sia a chi vuole approfondire certi aspetti già affrontati in libri e saggi imprescindibili come la Storia dell’editoria letteraria in Italia, sia a chi vuole cominciare a immergersi nello studio di una materia attraverso una delle voci più autorevoli.
Gli appassionati di editoria sicuramente attendono questo libro come chiunque si sia ritrovato a viaggiare in macchina attende in radio l’assolo di batteria verso la fine di In The Air Tonight. Il piacere che si potrà ricavare dalla lettura sarà sicuramente appagante, ma può bastare, questo, per esaurire il nostro desiderio di completezza?
In realtà c’è una domanda che rimane insoluta, quella posta all’inizio dell’articolo: cosa vuol dire editoria? Forse non c’è davvero una risposta immediata; anzi, la domanda ne genera altre, e le domande generano dubbi, insicurezze. Come possiamo venirne a capo?
Ancora una volta, è proprio Gian Carlo Ferretti a correre in nostro soccorso. Dopo sessant’anni di studi e di ricerche, la massima più mordace dell’autore è una lezione di vita prima di essere una lezione di editoria: non c’è niente di meglio di un rifiuto, per chi se lo merita.
Emanuele Malpezzi
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