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Fiore di roccia – Recensione

Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini – diavoli bianchi, li chiamano – ci tiene sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci arrampichiamo con gli scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i “fiori di roccia”.

 

Fiore di roccia è un romanzo storico scritto da Ilaria Tuti e pubblicato da Longanesi all’interno della collana “La Gaja Scienza” nel giugno 2020. La voce narrante è Agata Primus, giovane donna friulana di Timau, che viene messa a capo del gruppo delle cosiddette Portatrici Carniche. Attraverso il suo racconto scopriamo una storia a lungo trascurata, quella di gruppi di donne friulane che, durante la Prima guerra mondiale, si distinsero per straordinario coraggio.

Ilaria Tuti ci regala una lettura avvincente e commovente, delicata e allo stesso tempo d’impatto, proprio come le donne di questo romanzo, in uno stile asciutto e semplice che non ha bisogno di inutili orpelli.

 

La trama

Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle.

 

Siamo nel 1915. Nel piccolo paese friulano di Timau viene letteralmente assoldato un manipolo di sole donne al fine di portare alla prima linea del Fronte della Carnia approvvigionamento, munizioni, lettere, biancheria e molto altro. La protagonista Agata inizia così a inerpicarsi quotidianamente per salite impervie insieme alle sue compagne, sfidando le intemperie e i proiettili. Conosce allora il capitano degli alpini Colman, l’ufficiale medico Janes ed altri soldati del fronte. Durante una discesa le capita di imbattersi in un ufficiale austriaco ferito che si nascondeva in una grotta e decide impulsivamente di aiutarlo, portandolo nella sua casa di Timau per curarlo.

 

Perché è importante

Si potrebbe pensare che questo sia un racconto di guerra; nulla di più sbagliato. È un racconto di straordinaria resilienza femminile e di estremo coraggio. Un’apologia di un’impresa epica a lungo dimenticata. Nella nota dell’autrice si legge come questa abbia affrontato la scrittura del romanzo come una missione contro l’oblio di queste donne eroiche. Al di fuori del Friuli, infatti, pochi conoscono la storia delle Portatrici. L’autrice riporta le parole di Donato Carrisi nel libro La donna dei fiori di carta: «Quante donne avrebbero meritato un posto nella Storia umana e sono sparite da essa perché un mondo di maschi ha deciso di non concedere loro pari dignità?».

In particolare, nel romanzo si fa riferimento ad una Portatrice realmente esistita, Maria Plozner Mentil, colpita da un cecchino nel 1916 e a cui nel 1997 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro assegnò la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Altissimo riconoscimento, ma anche l’unico.

Nei giorni a contatto con l’ufficiale austriaco, Agata coglie, come succede in altri episodi della Grande Guerra, l’umanità che lega due persone, seppur nemiche, chiamate a combattere in fronti opposti, fino a farle dire:

 

Ho scelto di essere libera. Libera da questa guerra, che gli altri hanno deciso per noi. Libera dalla gabbia di un confine, che non ho tracciato io. Libera da un odio che non mi appartiene e dalla palude del sospetto. Quando tutto attorno a me era morte, ho scelto la speranza.

 

Laura Bosso