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Il caffè dell’editor è sempre più buono – Intervista a Stefano Izzo

In un episodio precedente abbiamo provato a definire la figura sfuggente dell’editor intervistando Stefano Izzo, da poco editor della narrativa italiana per Salani (dopo le esperienze in Rizzoli e DeA Planeta). Dopo aver approfondito le qualità fondamentali dell’editor, siamo tornati da lui per chiacchierare di ispirazioni letterarie, caffè e modelli di riferimento.

di: Chiara Casaburi / Master Editoria 2020

Chiara Casaburi: In una delle poche lezioni fatte in presenza, una docente ci aveva fatto una domanda che adesso rivolgo a te (non per vendicarmi!): qual è il libro che meglio ti rappresenta e che ti ha portato dove sei ora, lavorativamente parlando? 

Stefano Izzo: Dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Scoperto intorno ai tredici anni, è stato il libro che mi ha fatto capire ciò che la scuola non mi aveva ancora insegnato: che leggere è prima di tutto divertente, un’immersione in vite che non avrei mai vissuto altrimenti.

C.C.: Nel tuo lavoro, hai o hai avuto una guida, una persona che ti ha ispirato?

S.I.: Ho avuto la fortuna di iniziare sotto la guida di Stefano Magagnoli, un grande vulcanico editor, dal quale ho cercato di imparare, più che i trucchi del mestiere (perché ognuno a ben vedere s’inventa i propri), un atteggiamento verso il mestiere stesso, gli autori, i colleghi, la possibilità dell’imperfezione. La chiamerei una lezione di vita. Lui è stato il primo, quindi anche il più determinante, ma da allora ho sempre cercato di osservare gli altri e di assorbire qualcosa da ciascuno. Credo sia anche l’unico modo per trasmettere davvero i buoni metodi e le buone idee.

C.C.: C’è un romanzo di cui avresti voluto essere l’editor, perché lo hai amato particolarmente, e uno di cui avresti voluto essere l’editor perché, leggendolo, hai pensato “ah, se avessi potuto dare questa dritta all’autore!”? 

S. I.: Sai che di nessun romanzo mi è mai capitato di pensare “avrei voluto lavorarci io”? E tantomeno “avrei voluto dare questa dritta all’autore”. Per fortuna quando leggo nel tempo libero riesco a togliere i panni dell’editor e a godermi ancora i libri nel modo più rilassato. Ma per stare al gioco ti rispondo che farei qualunque cosa per poter osservare da vicino Stephen King… e ogni tanto fermarlo quando le sue storie scivolano verso soluzioni troppo inverosimili (ma davvero troverei il coraggio di farlo? chissà).

C. C.: Recentemente hai concluso il felice rapporto con DeA Planeta, pronto per una nuova avventura in Salani. Sappiamo che hai inaugurato l’esperienza in DeA Planeta lavorando al romanzo d’esordio di Alessandro Milan, mentre una delle ultime imprese ti ha visto coinvolto nel nuovo romanzo dello stesso autore. Ti andrebbe di condividere un aneddoto, un episodio particolarmente caro di questa bella sinergia tra editor e autore?

S. I.: Con Alessandro è stato un percorso stupendo, intenso, molto naturale, che in effetti è diventato anche un’amicizia. Lui aveva una storia personale che esigeva di essere raccontata, ma che non volevamo sembrasse un diario o una successione di ricordi. Per lui bruciava ancora troppo, però, per poterla trattare con la necessaria razionalità. È su questo aspetto che ho cercato di aiutarlo, con delicatezza e con idee concrete soprattutto sul montaggio. Del lavoro insieme ricordo con piacere soprattutto i pomeriggi passati a discutere, rileggere, correggere fianco a fianco. Mi vivi dentro ha preso la sua forma definitiva nel mio salone; Due milioni di baci invece lo abbiamo limato nella cucina di Alessandro, con il gatto Mojito che ogni tanto pretendeva attenzione. Ci tengo a precisare che a casa mia il caffè era buono, da lui imbevibile.

C.C.: E invece con Salani? Cosa prevedi che cambierà nel tuo lavoro? Ti aspetti delle sfide in particolare?

S. I.: Ogni casa editrice, soprattutto se ha una storia lunga, ha la sua specifica identità, data dal catalogo e dalle persone che vi lavorano. Mi aspetto quindi di trovare uno spirito e uno stile, e ovviamente spero di saperlo interpretare con rispetto e portando il mio contributo.

C.C.: Ovviamente, da corsista di un master, non posso non chiederti quali sono i consigli che ti senti di dare a un aspirante editor di narrativa. Cos’è assolutamente da evitare e su cosa ci dovremmo concentrare?

S. I.: Sembrerà banale, ma non conosco altro modo di fare bene questo lavoro se non leggendo molto, e leggendo di tutto. Il consiglio quindi è di essere curiosi, aperti, e di sfruttare l’energia creativa della vostra età. Cosa evitare? Di essere snob e di sentirsi troppo importanti. I libri vanno fatti seriamente ma con serena umiltà.

C.C.: Sempre a proposito di consigli per aspiranti editor: ti andrebbe di consigliarci dei titoli in particolare che ci farebbe bene leggere? Non necessariamente sui “ferri del mestiere”, anche testi che secondo te sono esemplificativi di una cura editoriale instancabile a cui fare riferimento.

S. I.: Questa sì che è una domanda difficile. Non credo di saper indicare un modello assoluto di cura editoriale. Sai qual è il paradosso? Che il lavoro editoriale, quando è ben fatto, è invisibile. Come una regia teatrale, se è perfetta, segui lo spettacolo senza accorgerti che una regia esiste.