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L’esercizio, di Claudia Petrucci – Recensione

L’esercizio è il romanzo d’esordio di Claudia Petrucci, uscito per La Nave di Teseo il 30 gennaio, nella collana Oceani.

Immaginiamo di svolgere un esercizio. Pensiamo alla persona che amiamo. Descriviamola come se stessimo scrivendo una sceneggiatura teatrale: come si muove, come modula la voce, cosa le piace fare, come si veste, quali sogni la animano. Aggiungiamo poi quei dettagli che delineano la sua personalità: è una persona gentile, dirà qualcuno, è energica, dirà un altro, è timida, è sfacciata.
È questo l’esercizio che, ossessivamente, svolge Filippo – uno dei tre protagonisti del romanzo.

Poi facciamo un passo indietro, allontaniamoci dalla sceneggiatura che abbiamo inventato: togliamo le strutture in cui abbiamo ingabbiato il personaggio, le aspettative che abbiamo innescato, il modo in cui vorremmo che fosse.
Denudata di tutte le nostre sovrastrutture, vediamo ancora la persona che amiamo?
È questo l’esercizio a cui, invece, ci invita l’autrice del romanzo.

L'esercizio, di Claudia Petrucci. Immagine di copertina: una fotografia del Park Washington Hotel, di Bart Van Leeuwen (Miami 1990): una donna dai tratti mediterranei è stasa nel letto sfatto di un hotel, illuminata dalla luce che filtra dalla finestra accanto a lei, e che si riversa su di lei in ombre geometriche. È sola, guarda con malinconia verso la finestra con la tapparella abbassata, sul comodino c'è la bottiglia di un liquore, un posacenere, probabilmente delle confezioni di pillole.La trama dell’esercizio

Nella grigia cornice di Lambrate, Giorgia e Filippo si amano e cercano insieme di ignorare quei banali drammi che si affacciano sui loro trent’anni: i sogni naufragati di Filippo, il malessere sopito di Giorgia. Quando nella vita di Giorgia ritorna il suo insegnante di teatro, Mauro, il colpo di scena è pronto ad abbattersi per incrinare una realtà già fragile. Giorgia sogna di calcare di nuovo i palchi, si dà anima e corpo a un nuovo copione che la vede protagonista. Ma quel male sopito che si portava dentro, alimentato nel silenzio, rompe gli argini della sua psiche portandola al crollo.
E quando Giorgia si ritrova immobilizzata e priva di un’identità, spetta a Filippo e a Mauro scrivere un copione per lei, sceneggiare una Giorgia da interpretare: più forte, più vera, più morbosamente vicina alla loro volontà.

Il lancio

Un debutto dirompente, ben accompagnato nel mondo nonostante l’emergenza che stiamo vivendo. La Nave di Teseo ne ha seguito il lancio con attenzione: sono apparse recensioni sui principali inserti culturali e sulle riviste online, e prima che entrassero in vigore le misure per contrastare la diffusione dei contagi l’autrice aveva presentato il romanzo nella bella libreria Verso Libri, a Milano, città in cui si svolge L’esercizio. Anche adesso continuano gli eventi e le presentazioni, reinventandosi sui canali social, mentre il romanzo è in corso di traduzione in Francia e in Germania.

Il risultato dell’esercizio

Quello di Claudia Petrucci è l’esordio che sempre vorremmo trovare in libreria. Con una prosa cristallina e trascinante, intrappola il lettore in una storia originale capace di creare inquietudini e riflessioni. Sviluppandosi in dieci capitoli di ampio respiro introdotti da un lungo antefatto, l’esercizio di Filippo – (ri)creare l’identità della donna che ama a partire da ricordi alterati dalla memoria – mescola e sovrappone i livelli della realtà e della finzione.
Scrivendo il copione della sua vita, esercita su di lei il potere della creazione. Si improvvisa drammaturgo e demiurgo, le forgia un’identità – e poi un’altra e un’altra ancora – basandosi sui suoi personali bisogni, su quello che vorrebbe dalla donna che ha accanto.
È forse l’esercizio che inconsapevolmente svolgiamo ogni giorno, viene da pensare. Quando non riusciamo ad accettare fragilità e complessità delle persone che amiamo, le chiudiamo in un aggettivo, doniamo loro idealizzazioni che non le rappresentano.

Non riesco a mettere un freno all’esercizio: mi allungo nella memoria, inizio a esistere solo in due entità. Sono sempre in quello che mi succede, un presente specifico e inutile, e anche sempre in un altro luogo, nel reame che è stato di Giorgia.

Insomma, tiriamo le fila e concludiamo questo esercizio. Dicevamo, all’inizio: togliendo proiezioni e impalcature mentali al copione della persona che amiamo, la riconosciamo ancora?
Qualsiasi sia la risposta, non ho dubbi nel consigliare L’esercizio.

Chiara Casaburi