Interviste

Divulgare arte nello spirito della BUR. Intervista a Lucio Lorenzi

La BIBLIOTECA UNIVERSALE RIZZOLI in una serie di accurati volumi, si propone di mettere alla portata di tutti le opere capitali antiche e moderne di ogni letteratura, nonché opere di cultura e divulgazione particolarmente significative.

Queste le parole poste a presentazione dei volumi della “prima BUR”, la collana con cui nel 1949 Angelo Rizzoli entra nel mercato dei libri offrendo prodotti economici che possano diffondere cultura. Rivoluzionata prima nel 1974 e poi ancora nel 2009, oggi è un marchio editoriale a se stante all’interno del gruppo Mondadori e ancora persegue lo stesso ideale. È infatti con questo spirito che nel gennaio 2022 Lucio Lorenzi – allievo della VII edizione del presente Master ed editor di saggistica presso BUR Rizzoli – pensa a una nuova pubblicazione. Il mondo alla finestra. La storia dell’arte raccontata dalla cornice di una finestra esce nel novembre dello stesso anno per la firma di Emanuela Pulvirenti. Architetto, insegnante e autrice di scolastica ha qui raccontato la genesi del libro dal punto di vista autoriale, ora con Lorenzi si affronteranno invece gli aspetti più editoriali legati a questa produzione.

Il mondo alla finestra è un libro realizzato su commissione aperta. Qual è stata l’idea da cui è originato e per quali ragioni hai scelto Emanuela Pulvirenti per comporlo?

Ogni casa editrice ha una sua storia, un suo taglio, e BUR nasce come Biblioteca Universale Rizzoli e quindi con uno spirito di divulgazione per un pubblico ampio, per avvicinare anche i non esperti di determinate materie. L’idea originaria quindi è stata quella di divulgare arte in una maniera più nuova, più accattivante e pensata anche per chi arriva a casa la sera e deve trovare qualcosa che ha voglia di leggere anche se è stanco. Per questa ragione – pensando allo stile del suo blog Didatticarte e di altre sue pubblicazioni – mi sono rivolto a Emanuela e non ad altri autori. Sempre per questo motivo abbiamo scelto di mettere in copertina un quadro di un autore noto come Jan Vermeer e di tenere il titolo più aperto e di non fare La storia dell’arte attraverso la finestra. A questo proposito una delle preoccupazioni poteva essere che qualcuno pensasse che si trattasse di un romanzo, da qui la decisione di restare un po’ più didascalici nel sottotitolo per rendere chiaro che si trattava di un saggio e anche per facilitarne la collocazione in libreria.

Come ha detto l’autrice, questo libro resta bello anche solo da sfogliare ammirandone le immagini. Come sono state reperite? Vi siete rivolti a un ricercatore iconografico o se ne è fatta carico la redazione stessa?

Si è fatto tutto in redazione. La ricerca iconografica per questo libro – sia nella fase di selezione dei dipinti da parte di Emanuela, sia in quella di reperimento delle immagini in alta definizione da parte nostra – è stata lunghissima e impegnativa sotto vari aspetti. In primo luogo il processo di recuperare i dipinti di pittori morti da meno di 70 anni e quindi ancora in diritti SIAE, per cui abbiamo dovuto chiedere un doppio permesso: di SIAE ma anche di chi gestisce i diritti (gli eredi, le fondazioni ecc.). Poi, in generale, l’ottenere le immagini in alta definizione. A questo scopo tendenzialmente lavoriamo con una serie di banche immagini quali ad esempio Scala Archive, Bridgeman e la stessa Mondadori Portfolio, ma non tutte le immagini sono state qui rintracciate. Perciò nel caso di alcuni dipinti abbiamo dovuto rinunciare e invece nel caso di immagini meno classiche o meno mainstream, ci siamo rivolti direttamente al singolo museo o fondazione, che poi ci ha riferito a che cifra poteva cedere quell’immagine.

Nonostante queste difficoltà, le immagini sono un elemento fondante del libro, circa 200 a fronte di 300 pagine. Come ha influito questa scelta sulla gestione del budget e quindi sul prezzo di copertina?

Non abbiamo voluto risparmiare sul numero di immagini, ma nel momento in cui il budget per un dipinto era eccessivo e con quei 1000 euro si poteva comprare un maggior numero di immagini di pari qualità, si è preferito rinunciare al singolo dipinto per quanto bello e sceglierne invece altri. E alla fine abbiamo deciso di tenere il prezzo comunque abbordabile. È un libro che con il mercato di oggi avremmo potuto proporre anche sui 23/24 euro e saremmo potuti arrivare a 25 anche. Però in questo rimane vivo lo spirito della BUR e quindi l’idea di venire incontro a quel lettore che vuole approfondire un argomento e così – pensando anche alla famosa soglia psicologica – può farlo a un prezzo che rimane comunque più economico.

La scelta di utilizzare una carta uso mano, piuttosto che una patinata, è stata dettata dalla volontà di mantenere più basso il prezzo di copertina o da ragioni tecniche?

In realtà è una carta più cara di altre, proprio perché non sono tantissime le carte uso mano che permettono il giusto equilibrio tra lettura e tenuta del colore. Infatti è una carta un po’ più spessa rispetto a quella di altri libri perché il problema con la carta uso mano classica è che passa il colore, e quindi per un libro di questo genere – avendo davanti l’immagine e dietro il testo – sarebbe passato tutto. Mentre qui l’effetto trasparenza è minimo, anche dove hai l’immagine a tutta pagina, dietro puoi leggere tranquillamente senza avere il fastidio del colore. Come accade sempre quando si sceglie la uso mano si perde qualcosa nei particolari delle immagini: non puoi rendere alla perfezione tutti i contrasti di luce e tutti i dettagli. Dall’altra parte però riesci a mantenere un buon equilibrio e una buona resa, mentre una carta patinata avrebbe tolto troppo alla parte di lettura. In più non riuscivo a vedere questo libro in patinata: volevo questo tipo di effetto al tatto, di un libro bello da tenere in mano e sfogliare.

Si è accennato al fatto che il tipo di carta influisce sulla resa delle immagini, come sono state gestite quindi le prove colore per il libro?

All’inizio avevamo fatto le prove colore base e i dipinti erano molto scuri, soprattutto alcuni, perché l’immagine “si chiude” con la carta uso mano. Il lavoro dell’ufficio tecnico e un aspetto molto discusso con Emanuela è quindi stato quello di capire fino a che punto bisognava aprirle e avere quindi un po’ più di luminosità e dove invece fermarsi guadagnando in controluce e dettagli. Il problema successivo è che così facendo a monitor le immagini risultavano flashate, alcune sembravano davvero troppo illuminate, troppo chiare. Ma perché è l’effetto che a volte ti dà a monitor, poi lavorate in stampa sono diventate le immagini che vedete nel libro.

Tornando all’oggetto libro, già si è discusso dell’importanza delle immagini e della loro alternanza con il testo: questa ratio è stata decisa a tavolino o si è sviluppata poi in base ai materiali forniti dall’autrice?

Per quanto riguarda l’ordine di grandezza più o meno avevamo ragionato sin dall’inizio sulle 250/300 pagine, sempre pensando allo spirito divulgativo di BUR. Era infatti un buon compromesso per offrire al lettore un libro che avesse una sua completezza – e quindi che accompagnasse in un percorso – senza però diventare troppo pesante, enciclopedico, perché chiaramente lì vai a perdere una parte di pubblico. Anche qui, infatti, come spesso facciamo con i libri BUR, abbiamo mantenuto lo spirito del voler dare degli stimoli e cominciare a portarti dentro l’argomento: se poi vuoi approfondire tutte le finestre di Vilhelm Hammershøi, vai a cercarne la monografia; o se leggendo il libro ti innamori di un pittore che non sapevi esistesse poi vai a cercare una bibliografia più specifica.

Rossana Merli