News

Un’educazione milanese. La Milano di Alberto Rollo

Un’educazione milanese

Alberto Rollo

Manni editori, pp. 317

16,00€

Di Mario Gallucci

Cerco ponti in cui lo spaesamento e il sentirmi a casa coincidano. E su quei ponti finiscono con l’apparire, tenere e meridiane, le figure che mi riconducono là dove io sono cominciato e dove è cominciata, per me, questa città

Con l’attenzione critica di un saggio e la tensione narrativa di un romanzo, il racconto autobiografico di Rollo assume come sfondo culturale della propria formazione la Milano proletaria del dopoguerra. Una grande madre ruvida e senza grazia, fatta di asfalto e ferro battuto, che lo ha nutrito, cresciuto, educato, lasciando in lui tracce indelebili. L’architettura dei quartieri popolari tra viale Grigna e viale Certosa, le “maestà monumentali dei gasometri”, quell’odore “misto di polvere di cemento, vernice e tintura fresca” della nuova casa in via Mac Mahon e soprattutto il ferro: «tutto quel ferro e tutto quell’acciaio. Mi rendo conto di quanto ferro e quanto acciaio nella mia cultura milanese». Questi gli ambienti che hanno fatto da sfondo alla sua prima infanzia.

Rollo nasce da una famiglia umile. O meglio: “operaia”. Una madre sarta e amante della moda e un padre operaio metalmeccanico che dopo un periodo di lavoro in ditta, decide di aprirsi una propria officina – in una Milano in cui da lì a poco moda e industria si uniranno in un connubio vincente, questo pare essere un segno del destino che lo rende figlio di questa città in tutti i sensi. Le domeniche sono l’occasione per le passeggiate con la Guzzi del papà, autentiche “lezioni di cultura operaia”, dove le fabbriche dei quartieri periferici diventano grandi monumenti da rispettare, luoghi del “fare”, del “creare”, del “sentire la fatica”, non del “produrre” o del “rendere”. Il padre ne parla:

“come se, oltre le mura delle fabbriche ci fosse stato un uomo solo, un uomo che progettava e che faceva. Non parlava di padroni, perché quell’uomo là dentro non né aveva affatto bisogno, e quando non li avesse cacciati di persona […] ci avrebbe pensato il progresso a cancellarli. I padroni sarebbero stati consumati dal progredire del benessere comune, si sarebbero sciolti dentro un nuovo senso della comunità”

Ma Milano per l’autore è anche un “noi”, luogo in cui si è costituita l’identità collettiva di una generazione che voleva avere “occhi diversi”.

Con passione e dovizia di particolari, il racconto autobiografico prosegue verso gli anni 70, tra speranze, desideri, angosce e piaceri di giovani uomini militanti che guardano al futuro sospinti dal sogno rivoluzionario. Le occupazioni, i cortei studenteschi, la morte di Feltrinelli, le lezioni di filosofia di Enzo Paci, il teatro di Dario Fo, la musica ribelle e carica di eccessi delle rock star americane. Questo è stato il nutrimento di quel “noi”, il pane quotidiano di una seconda famiglia composta da amici e compagni, indissolubilmente unititi in un “consorzio di speranze e di idee”. Un nutrimento paradossalmente sospeso tra “proletariato aristocratico e borghesia ribelle” ma in ogni caso diverso dalla cultura operaia appresa tra le mura domestiche:

“Dentro i confini dell’appartamento in cui vivevo con i miei genitori non c’era un orizzonte così vasto. Cercavo di portare le notizie che arrivavano dal mondo, ma ognuna di quelle notizie (cosa stavo studiando, quali libri stavo leggendo, che persone incontravo) era una tacca che misurava il mio tradimento. Entravo in una cultura per definizione borghese che faceva di me un candidato di una nuova, ancora ignota, piccola borghesia, saccente e caotica”

Il testo si apre così verso quell’orizzonte vasto, indubbiamente emancipato, ma forse anche altrettanto spaesante in cui ci troviamo oggi.

L’educazione milanese, infatti, termina simbolicamente con lo sfaldarsi di quel “noi” a causa di un tragico evento. Ma d’altronde è anche vero che ogni educazione ha un inizio e una fine e che “una città educa fino a quando l’età permette di essere educati”.

Commenti disabilitati su Un’educazione milanese. La Milano di Alberto Rollo