Autori,  Diario del Master

Idea Vilariño: la voce implacabile di un io dilaniato

Ventuno marzo, Giornata Mondiale della Poesia. Vano tentativo avanzare una definizione. È un universo a tal punto carico di risonanze quello poetico, che si ingannerebbe chiunque ritenesse possibile circoscrivere quest’ultimo a mappature rigide e classificazioni stringenti: definire sottende ridurre; la poesia, invece, sovrabbonda di potenza. Astuta trasformista della parola, l’espressione poetica sfida i limiti del linguaggio, favorendo il consolidarsi di una lingua altra: ogni componimento intona un canto, saperne cogliere il riverbero è un onere riservato esclusivamente al fruitore. Quale che sia la configurazione assunta da quest’arte, oggi è l’occasione di celebrarne la potente intensità.

Esempio paradigmatico di singolare sensibilità, la produzione poetica di Idea Vilariño – traduttrice, saggista e compositrice uruguayana – offre una testimonianza emblematica del potere evocativo del linguaggio. Nata a Montevideo il 18 agosto 1920, Vilariño inizia a scrivere poesie poco meno che ventenne, esordendo con la raccolta La Suplicante nel 1945. Nocturnos (1955), Poemas de amor (1957) e No (1980) sono solo alcuni tra i titoli che inseriscono legittimamente la poetessa tra le voci più preziose e rare del panorama letterario novecentesco.

Ascolta, / ti parlo a fatica, / con la voce spezzata. / […] / Avevo un roseto pieno di rose / e un vaso di miele chiaro / però ho pensato ho pensato ho pensato / e più niente mi è rimasto. / […] / Ho pensato ho pensato ho pensato / e oggi non resta / che questa povera cosa spezzata

Sono versi laceranti, quelli di Vilariño; osservazioni dure e implacabili sulla realtà che la circonda:

Alzare gli occhi / al mistero abissale delle stelle / che sarà senza dubbio / qualcosa di sporco / così meschino e sporco / com’è qui

L’insensatezza del vivere si impone come oggetto d’indagine privilegiato della produzione poetica dell’autrice; esemplificativa in tal senso è la riflessione disarmante esposta in Vieni:

Se fosse un angelo nero / o una madre / se le si potesse parlare / convocarla / come facevano i poeti / […] / stanotte / tutta la notte / le farei inviti / offerte / invocazioni / straziando l’aria il tetto il cielo / con la mia voce / vieni morte vieni / ti aspetto. / Tutta la notte / tutta / fino a che finalmente / mi senta

E ancora, in Che c’entro io:

Se potessi sapere / che diavolo c’entro io / con tutto questo / se non mi si perseguitasse / accerchiasse / a ogni ora a squarciagola / in ogni momento e circostanza / e potessi sapere / pensare un po’ / attentamente serenamente a che / a che demonio / a che diavolo c’entro / io / con tutto questo

Se è vero che il linguaggio è semplice, è altrettanto vero che quest’ultimo investe il lettore con la forza di una rivelazione. Quanto più essenziale diviene il discorso poetico, tanto più incisivo risulta il suo riverbero. Ne siano un esempio i versi a conclusione della poesia Notte del sabato:

Tutta la vita vive / tutta la notte è notte / il mondo mondo / tutti / sono lì fuori sono / fuori di qui / del mio ambito / per tutti è sabato / la notte del sabato / e io sto sola sola / e sto sola / e sono sola / anche se a volte / a volte / il sabato, di notte / mi invade a volte una / nostalgia della vita

Lo sguardo lucido e disincantato della poetessa non risparmia nemmeno la sfera emotiva dell’amore; in un componimento dedicato all’autore argentino Manuel Claps, la scrittrice afferma:

Ciò che provo per te è così difficile. / Non è di rose che si aprono nell’aria, / è di rose che si aprono nell’acqua. / […] / Ciò che provo per te, così doloroso / come la povera luce delle stelle / che ci arriva dolorante, affaticata. / Ciò che provo per te, che a volte tuttavia / fa tanta strada senza poi sfiorarti

Con i suoi versi di dolente pessimismo, Idea Vilariño accompagna il lettore tra le dicotomie di un’anima lacerata. Una straziante solitudine non può che imporsi come inevitabile epilogo di un io dilaniato; tuttavia, alla morte sopravvive la voce, potente e nitida:

E continuerà senza di me questo mondo mago / questo mondo marcio. / Tutti gli alberi che ho piantato / e i versi che ho scritto al farsi giorno / lasciati in giro come spazzatura / come resti di un’anima / di qualcuno che è stato qui / e poi non più / non più

Non spazzatura, come credeva Vilariño. Tra le macerie di un’anima straziata, è possibile fiorire, scaldandosi al calore di una voce affine; una voce con cui poter dialogare, e così attenuare l’immensa solitudine dei nostri monologhi interiori.

Le poesie citate sono tratte da I. Vilariño, Di rose che si aprono nell’acqua, a cura di L. Pugno, Bompiani, Milano 2021. In ordine appaiono: Ascolta; 5; Vieni; Che c’entro io; Notte del sabato; Ciò che provo per te è così difficile; E continuerà senza di me.
Federica Longoni