Scrivere ha qualcosa di misterioso: intervista all’autore Tiziano Viganò
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Scrivere ha qualcosa di misterioso: intervista all’autore Tiziano Viganò

Conosco Tiziano Viganò da molti anni ormai: persona speciale, professore attento, autore travolgente. Quale migliore occasione per fare due chiacchiere con lui che parlare dei suoi libri?

 

Per cominciare, parlami un po’ di te: la tua vita influenza i tuoi libri?

Ho insegnato per una vita italiano nella scuola media. Per anni mi sono sforzato di spiegare ai miei alunni le diverse caratteristiche linguistiche e narrative dei vari generi letterari, finché ad un certo punto ho provato a verificare se ero capace di scrivere un romanzo storico o d’avventura o umoristico o fantasy o un giallo. È stata una sfida. Certo, c’era anche un bisogno irrefrenabile di raccontarmi, ma la sfida rimane.

Da dove nasce l’idea di scrivere libri?

Perché scrivi? Me lo chiedono spesso, soprattutto i ragazzi delle scuole medie da cui vado per presentare un mio romanzo o parlare di scrittura. Scrivo perché mi piace inventare storie, creare mondi, disegnare paesaggi, dar vita a personaggi buoni o cattivi oppure un po’ buoni e un po’ cattivi che caccio immancabilmente dentro avventure il più possibile avvincenti, quando riesco. Ma non è per questo che continuo a scrivere. Ho iniziato a scrivere romanzi storici, inseguendo cioè la mia passione per la storia (sono laureato in Teoria e storia della storiografia). Mi piaceva l’idea di mettere un po’ di cose a posto a proposito di certi luoghi comuni con cui si tende a leggere gli avvenimenti della storia, così come ce li hanno spiegati a scuola (quando scrivo ho sempre davanti i volti dei miei alunni). […] Ma non è ancora per questa vocazione storiografica che continuo a scrivere. Il fatto è che scrivere ha qualcosa di misterioso. A volte cioè mi succede di accorgermi che non sono solo io a scrivere, mi accorgo di essere guidato insomma o che il romanzo si faccia da sé. In che modo? Io non lavoro avendo già chiaro tutto il progetto, non mi capita mai, mi sembra noioso. Voglio anch’io provare la sorpresa del lettore che ad ogni pagina senza accorgersi prova a fare delle anticipazioni su come proseguirà la vicenda e si domanda ad ogni bivio narrativo: «e adesso che succede?» Mi ritrovo ad apprendere io stesso dalla mia stessa storia e la storia si dipana quasi da sola mentre la stendo. Com’è possibile? Credo che succeda per una delle regole implicite della scrittura che ho appreso con l’esperienza: la regola dell’affezione. Quando presento un personaggio e lo incalzo,  pagina dopo pagina, mi affeziono e ciò che prima mi ero immaginato non mi soddisfa più e allora la storia che avevo in mente cambia in funzione del personaggio. Quando ho scritto il mio primo romanzo, Bergius l’ultimo longobardo, avevo trovato un antico documento che citava i nomi dei trentadue monaci che nel IX secolo vivevano nell’Abbazia di S. Pietro al Monte a Civate. […] Beh! Nel giro di tre pagine ho subito dimenticato le storie dei monaci e ho preso a seguire quella del ragazzino, Bergius. La sua simpatia mi aveva conquistato. […] Ecco, credo sia soprattutto per questo che continuo a scrivere, perché scrivere è una infinita esperienza, assomiglia ad un incontro con dei personaggi che escono dalle pagine del libro e mi interpellano e mi costringono a prendere posizione o a riflettere e non so mai cosa può davvero accadere, e allora sto attento e cerco di non perdermi nulla dentro il mondo che ho creato. Ma l’ho davvero creato io?

Quando scrivi un libro pensi sempre prima al target di riferimento o solo alla fine ti accorgi che è per una determinata fascia di lettori?

Scrivo ogni volta sapendo chi sarà il mio possibile destinatario (così adeguo la scrittura, il lessico, la sintassi, gli argomenti): ho scritto cinque romanzi per un pubblico adulto e due per i ragazzi. In primavera ne uscirà un terzo (Un rubinetto nella gola, edizioni Robin). Ho scoperto poi che Bergius è definito un libro cross, cioè fruibile tanto dagli adulti quanto dai ragazzi.

Raccontami un po’ del tuo rapporto con gli editor (come hai vissuto le correzioni e se hai collaborato alle scelte dei titoli e delle copertine)

Alla Mimep il lavoro di redazione è stato minimo, per tutti e tre i romanzi che hanno pubblicato. Diverso il discorso per l’Einaudi con cui ho pubblicato L’amore è più forte della legge di Coulomb. I suggerimenti sono stati diversi, soprattutto perché in redazione volevano che il romanzo si adattasse al destinatario (i preadolescenti). Interessanti le richieste del mio editor di ampliare certe parti per una questione di parità di genere: mi ha chiesto ad esempio di soffermarmi di più sulla descrizione dei personaggi femminili che, a detta sua, erano poco delineati rispetto ai personaggi maschili. Io non avevo questa sensazione, ma ho ugualmente soddisfatto la richiesta. Mi ha anche proposto di cambiare il titolo per uno più generico, ma ho insistito per conservare quello che avevo scelto. Per nessuno dei miei romanzi ho avuto voce in capitolo per la copertina, comunque non mi sono mai posto il problema. Credo non sia una mia competenza. Ho incontrato sempre editor cordiali e competenti, ho sempre apprezzato i loro suggerimenti, e devo dire che la mia scrittura ci ha guadagnato.

Per concludere, tra i tuoi libri, qual è quello che più ti rappresenta?

Sono convinto che tutti i romanzi che ho scritto mi rappresentino, c’è una parte di me in tutti. Un attento lettore o chi mi conosce potrebbe riconoscere qualcosa di mio in ognuno. Anche inconsapevolmente chi scrive trasmette qualcosa di sé sulla carta. Mi capita spesso di rileggere quello che ho scritto e scopro così aspetti di me che non pensavo di aver raccontato. Non so se ho un libro preferito, sono affezionato a tutti. Posso dire però che quello che mi è piaciuto di più scrivere è stato Zhero, edizioni Mimep: […] è nato come un divertimento di scrittura.

Ringrazio molto Tiziano per la sua disponibilità. Si accorgerà che, per ragioni di spazio, ho dovuto tagliare alcune parti. Spero ci saranno molte altre occasioni per parlare con lui della sua scrittura.

Sarah Confalonieri