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Senior Service: riscoprire la figura di Giangiacomo Feltrinelli fra storia, letteratura e impegno

Per una rilettura, in occasione dei settant’anni della casa editrice, del “romanzo” della vita di Giangiacomo Feltrinelli scritta dal figlio Carlo, fra letteratura e impegno civile.

Celebre, e importante, rimane la definizione che Giangiacomo Feltrinelli, in un altrettanto celebre articolo per la rivista “King” nel 1967, dà della sua vocazione di editore, quella di pubblicare «libri necessari»:

«Poiché la proliferazione della carta stampata rischia di togliere alla funzione di editore qualsiasi senso e destinazione, io ritengo che l’unico modo per ripristinare questa funzione sia una cosa che, contro la moda, non esito a chiamare “moralità”: esistono libri necessari, esistono pubblicazioni necessarie».

Alla fine della lettura della biografia di Giangiacomo, Senior Service (Feltrinelli, 1999, edizione aggiornata, con documenti inediti, nel 2022), scritta dal figlio Carlo attuale presidente del gruppo editoriale – in cui queste considerazioni vengono riportate fedelmente – anche la vita del grande editore risulta per molti versi “necessaria”, soprattutto nel suo profondo rifiuto dell’indifferenza di fronte ai fatti del mondo.

Ecco uno dei motivi principali per cui leggere (o rileggere) nel 2025 – anno in cui ricorre il settantesimo anniversario della casa editrice Feltrinelli – questa (prestigiosa) vita del suo fondatore: anche perché, se negli anni ’60 si assisteva alla «proliferazione della carta stampata», oggi, e ormai da decenni, si assiste a una massiccia “proliferazione delle immagini” che ci impedirebbe di essere incoscienti, se nel frattempo non fossero nate altre pericolose forme di incoscienza.

Nel rievocare il padre, Carlo Feltrinelli utilizza una tecnica per molti versi indiretta: si dimostra in grado di farci sentire la sua voce attraverso i documenti, gli articoli, le interviste, ma, descrivendo l’editore per così dire in azione, lo fa soprattutto per stralci e scorci e per singoli particolari, disegnando con rapidi accenni la corporeità di un uomo al tempo stesso presente e lontano: i baffi o la loro assenza, le cravatte colorate o i maglioni, la Citroën DS grigia, le sigarette Senior Service che danno il titolo al libro… Eppure, ne risulta l’immagine di un Feltrinelli Senior a tutto tondo, uomo sfuggente e, al tempo stesso solidamente ideologico, figura umanissima al centro delle vicende storiche e politiche coeve, non solo italiane, ma mondiali, dalla Resistenza ai primi anni di piombo, dalla rivoluzione ungherese del ’56 alla morte in Bolivia del Che.

È così che questo Feltrinelli currens – in grado, grazie al suo congenito poliglottismo, di coprire rapidamente, con precoce ansia di globalizzazione, grandi distanze in poco tempo, in automobile, voli di linea, il panfilo privato Eskimosa – appare, nonostante le ombre, allo stesso tempo una solida personalità di editore, e di imprenditore «umano», radicato con ogni fibra non soltanto nel presente, ma nell’attualità più scottante, quella dei convulsi anni che vanno dal secondo dopoguerra ai primi anni ’70.

Del resto è lo stesso Giangiacomo, sempre nell’articolo del ’67, a definire l’editore come una «carretta […] un veicolo [di nuovo l’importanza del viaggio] di messaggi» centrali per l’epoca in cui vive: «messaggi magari misteriosi ma sacrosanti». Quel che emerge da Senior Service, è però non tanto l’immagine di un’umile carretta “postale” (Feltrinelli rimase sempre affascinato dalla figura del libraio ambulante), quanto quella di una personalità di primo piano della cultura, della politica e della società italiane alla metà del secolo scorso, collocata agevolmente, grazie alla scrittura del figlio (complessa e limpida al tempo stesso) al fianco dei grandi personalità con cui Giangiacomo, grazie alla sua attività di editore e “animale politico”, è entrato in contatto, fra le più importanti dell’Italia, dell’Europa e del mondo (non solo per gli anni ’50-’60): da Hemingway a Ingeborg Bachmann, da Bob Dylan e Joan Baez a Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia, e poi Arthur Miller, Fidel Castro…

Eppure, anche all’interno di quello che lo stesso autore definisce «romanzo nel romanzo», cronaca della complessa vicenda legata alla pubblicazione del dottor Živago di Boris Pasternak, denso «romanzo epistolare», in cui l’autore, data la loro importanza, aderisce ai documenti – tratti prevalentemente dal carteggio Feltrinelli-Pasternak – in maniera preponderante, riducendo al minimo i propri interventi, la sua scrittura non si limita a riportare i fatti o a giustapporre i documenti: anzi riesce, con discrezione ma con forza, a far risaltare, all’interno della narrazione dei fatti del «Senior», una propria voce: in modo che il suo stile, franto ma evocativo quanto lo è il ritratto dell’editore, contrapposto alla precisione dei documenti, si fa specchio delle due anime del suo Giangiacomo, del suo immergersi nel «magma» luziano del mondo.

In questo modo, al lettore finisce per apparire quasi naturale l’approdo dell’incontenibile editore-personaggio all’ultima fase della sua vita, la più cupa e tristemente nota: quando l’aspetto sfuggente di Giangiacomo, sembra invadere completamente la parte pubblica dell’«editore-non più editore», il quale, a causa della sua scelta di clandestinità militante – presa all’indomani di piazza Fontana – si fa letteralmente invisibile, finendo per vivere di quei continui spostamenti che l’avevano sempre contraddistinto. Ma, ancora una volta, lo scopo di Feltrinelli appare paradossalmente quello di svanire soltanto per rendersi ancor più presente all’interno della realtà dei primissimi anni ’70: egli cioè ritiene con drammatica certezza che questo sia l’unico modo per “partecipare” realmente anche a quegli anni “nuovi”: «la scelta è totale», scrive Carlo. E, infatti, non a caso, nel quadro di una generale presa di distanza dall’attività editoriale, fra le uniche direttive che il Giangiacomo gappista dà ai propri dipendenti e collaboratori vi è quella di ridurre al massimo grado di “secchezza” il famoso ruolo di “carretta” portatrice di messaggi: e quindi «sarà per lui più importante un testo sui costi della motorizzazione di un saggio di critica letteraria; un’inchiesta che accerti la responsabilità degli inquinamenti, provincia per provincia, piuttosto che una qualsiasi esercitazione poetica», sconfessando in qualche modo il sé stesso che aveva “scoperto” la poesia di Pasternak contro l’onnipotenza dell’ideologia. Un impegno assoluto comunque, il suo, che lo porterà a «morire per le proprie idee, la più radicale delle favole», chiosa Carlo.

Matteo Casanova

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