In evidenza,  Interviste,  Mondo Editoriale

Gondole, libri e gatti lettori

Intervista a Diana Zanda della Libreria Acqua Alta

Quando ancora non si sapeva cosa fosse il Covid, nel 2019, mi trovavo in Erasmus a Vienna per l’intero semestre invernale. Ero decisa a migliorare un po’ il mio tedesco, rimasto impolverato dall’ultimo anno di liceo. Dopo qualche settimana, durante una lezione mi viene chiesto di presentare qualcosa di tipico del mio paese, o meglio etwas, was Man nur in Italien finden kann, cioè «qualcosa che si può trovare solo in Italia». Così – con non poche difficoltà – provo a descrivere il primo posto a cui penso istintivamente: la Libreria Acqua Alta di Venezia, un luogo unico al mondo, come la città stessa.

Da quel momento ho desiderato tornare a Venezia più volte, ma a causa della pandemia ho sempre rimandato questo viaggio. Solo recentemente ho potuto constatare la differenza tra quella mia descrizione in tedesco, basata sui ricordi di quando avevo 14 anni, con i cambiamenti dettati dal tempo e dal fenomeno dell’acqua alta, che proprio nei mesi in cui sono stata all’estero ha causato grossi danni alla libreria e più ampiamente all’intera città di Venezia.

A raccontarmi di questo spiacevole evento, ma soprattutto di questo posto insolito e apparentemente disordinato è la libraia Diana Zanda, la quale non solo mi confessa che la sistemazione dei libri è talmente logica che nessuno dei dipendenti ha bisogno di un computer per trovare i titoli richiesti dai clienti, ma risponde senza risparmiarsi a tutte le mie curiosità sulla libreria, dalle sue origini a oggi.

La libreria

Come e quando nasce l’idea di aprire la libreria?

L’idea di questo posto è nata dalla mente del proprietario, il signor Frizzo, nel 2002. All’epoca aveva già gestito un paio di altre librerie qui in città e questa volta stava cercando un luogo che avesse delle caratteristiche un po’ speciali, che riuscisse a coniugare le sue passioni per i libri, per i gatti e per la città di Venezia.

Venne a sapere che questo posto era stato messo a disposizione in quanto l’attività precedente si era trasferita altrove e decise di dare un’occhiata. Il vecchio proprietario dello stabile, sapendo che fosse interessato a vendere dei libri, gli disse subito di fare attenzione perché questo è un punto molto basso della città e, avendo peraltro l’ingresso acqueo sul canale, il rischio che entri sempre l’acqua è molto alto. Invece di farsi scoraggiare da queste parole, che probabilmente avrebbero fatto desistere chiunque, ha semplicemente detto: «Perfetto, abbiamo trovato il nome». Da qui “Libreria Acqua Alta”.

 Il signor Frizzo ha sempre svolto questa professione oppure prima faceva un altro lavoro? Lei invece com’è arrivata ad Acqua Alta?

Il signor Frizzo ha svolto davvero moltissimi lavori. È stato un vero e proprio giramondo in gioventù, tra le tante cose si è ritrovato sulle navi da crociera a fare il croupier ed è stato in miniera… una vera collezione di professioni. Io invece ero arrivata a Venezia per studiare all’università e tramite conoscenze comuni sono finita qui da cliente. Nel corso degli anni ho conosciuto bene il signor Frizzo anche al di fuori della libreria e siamo rimasti in contatto quando ho terminato gli studi. Qualche anno dopo, quando si è presentata l’occasione di iniziare a fare qualche fine settimana di copertura per vedere come mi trovavo ho accettato senza esitare.

È stato amore prima vista, insomma.

Sì, sì. È davvero il posto perfetto per gli amanti dei libri e dei gatti come me.

L’arredamento della libreria è stato pensato in questo modo sin dall’inizio, oppure si tratta di un’idea che ha preso forma piano piano?

La libreria è stata pensata proprio in relazione al problema dell’acqua alta. Certo, a primo impatto può sembrare ardimentosa e simpatica l’idea di aprire una libreria proprio in un posto soggetto a questo fenomeno, ma in qualche modo i libri vanno protetti. Il signor Frizzo si è davvero ingegnato: ha impermeabilizzato le vasche da bagno, ha trovato tutte queste imbarcazioni in disuso e gli ha dato un nuovo scopo. Ha creato questo mix tra mobilio e barche che effettivamente ha il suo perché; oltre a essere molto scenografico, ci dà anche concretamente una grossa mano in caso di acqua alta, quantomeno a proteggere la maggior parte dei libri.

Visti i suoi tanti viaggi, è possibile che il signor Frizzo abbia ricavato qualche idea all’estero per l’allestimento della libreria?

Io credo che sia stata perlopiù una sua idea, però sì, è chiaro che avrà anche preso spunto dai suoi viaggi precedenti per riuscire a trovare questa combinazione che consentisse ai libri di restare in sicurezza qui dentro. Penso che a un certo punto si sia proprio detto: «Ma nella misura in cui ho navigato per tanti anni sulle navi, cos’altro potrebbe proteggerli [i libri] meglio di così?»

La libreria è famosa per l’usato, ma i libri sono davvero tutti usati?

No, c’è un mix di nuovo e usato. Su tanti argomenti anche noi, per avere un rifornimento basico sufficiente rispetto alla richiesta di determinati titoli, ci rivolgiamo a tutta una serie di case editrici o comunque di distributori che ci forniscono alcuni titoli selezionati, principalmente su Venezia. 

Al di là dei turisti, chi sono i frequentatori della libreria? Che cosa leggono?

C’è tutta una serie di lettori che chiamiamo “gli habitué” e che ricoprono svariate tipologie di persone. Si può trattare di studenti che vengono a fare un giretto, oppure di signori in pensione che hanno voglia di qualcosa di nuovo da leggere.

Ci sono gli appassionati di determinati argomenti che vengono sempre a spulciare con una cadenza più o meno settimanale se non quotidiana, dipende un po’ dalle novità che abbiamo per le mani, e ci sono tantissimi appassionati di libri d’arte che vengono da noi a caccia di opere fuori catalogo, pensando che se non la troveranno qui non la troveranno da nessun’altra parte.

Quindi, insomma, abbiamo tutto questo via vai di gente che, nel bene e nel male, ci viene a trovare piuttosto spesso, e al quale si aggiunge il turista curioso e stupito dall’aver messo piede in un posto dove i libri sono sistemati in vasche da bagno, canoe e gondole.

L’inondazione e la pandemia

L’inondazione che ha colpito Venezia nel 2019 per voi è stata dannosissima, però, al di là della perdita di libri, so che ha comportato anche qualcosa di buono…

Sì, c’è stato un movimento estremamente solidale nei confronti della libreria. Il mio cuore non ha ancora finito di allargarsi dopo aver visto quello che ho visto, perché abbiamo davvero ricevuto chiamate da ogni parte, chiamate di persone che ci chiedevano se potessero fare qualcosa, qualsiasi cosa, per noi.

Ci sono stati studenti di altre città universitarie, quindi che con Venezia avevano poco a che fare, che di loro spontanea volontà sono venuti appositamente per dare una mano, armati di scopa, paletta, guanti… tutto quello che potevano mettere a disposizione l’hanno messo: ci hanno regalato il loro tempo, il loro impegno, perfino dei soldi. Conosco personalmente famiglie che hanno tenuto i figli a casa da scuola per mandarli qui ad aiutare, convinti che questo genere di cosa non potesse essere insegnato tra i banchi.

Quindi, diciamo che dopo un primo momento di sconforto, vedere proprio questo abbraccio univoco, spontaneo e soprattutto senza nessun secondo fine nei nostri confronti, e nei confronti di Venezia, è stato una cosa che veramente mi ha messo il cuore in pace con il mondo per un po’… anzi, diciamo fino al 2020.

Ecco, nel 2020 molte librerie hanno chiuso a causa della pandemia, voi come avete gestito la situazione e come vi siete dovuti reinventare per fronteggiare le molteplici chiusure e riaperture?

All’inizio per noi è stato molto strano. Ma credo che in generale lo sia stato per la città di Venezia, abituata ad essere costantemente “invasa” – in senso buono – dai turisti, in periodi più o meno alterni dell’anno.

Vedere all’improvviso una città del genere che piomba nel più totale silenzio, senza nessuno che gira per strada e senza capire bene quello che stesse succedendo, è stata una cosa che ci ha lasciati veramente senza parole, perché era un momento di relativo ottimismo dopo la paura creata dall’inondazione nel 2019 e purtroppo per parecchie attività la pandemia è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della chiusura definitiva.

Nello specifico, per noi, la prima riapertura in estate è stata di relativo respiro, sono tornati i primi clienti, quelli delle zone più limitrofe, che avevano un gran desiderio di venire a ritrovarci. Poi è arrivato l’autunno che ha portato una nuova ondata, alla quale eravamo più o meno già preparati. Nel disastro generale, infatti, abbiamo approfittato del momento per riuscire a sistemare quello che avevamo lasciato in sospeso dopo l’episodio dell’acqua alta.

Per il resto devo dire che abbiamo tenuto duro come tutti gli altri; nei mesi di lockdown chi poteva si è organizzato con servizi di consegna a domicilio, altri si sono dati alle vendite on line. Personalmente, è stato bello vedere come le persone abbiano riscoperto un po’ le piccole realtà come noi all’interno dell’attività commerciale di Venezia, approfittando del fatto che non avendo grande possibilità di spostamento, ci si ritrovava necessariamente a fare riferimento a quello che c’era nei pressi di casa.

In un certo senso, tutta la città si è dovuta reinventare, chi più chi meno, e spero di poter dichiarare che, almeno per quanto ci riguarda, il colpo inatteso è stato retto abbastanza bene.

In compenso la pandemia ha portato un po’ alla riscoperta della lettura; quindi, il 2021 è stato complessivamente un anno positivo. Pensi che questa tendenza si manterrà costante?

Ci stavo pensando proprio pochi giorni fa. La pandemia ha costretto un po’ tutti a rivedere i propri parametri di vita “normale”, per così dire, e ha positivamente portato alla riscoperta di piccoli piaceri che non ci si poteva concedere, per mancanza di tempo o a causa di altri impegni prioritari.

Ecco, credo proprio che la pandemia abbia modificato questo pensiero gerarchico delle priorità; credo che le persone abbiano iniziato a valutare in modo diverso la qualità del loro tempo, del tempo libero che adesso spendono leggendo. Quindi spero che questa cosa rimanga, anzi credo che rimarrà perché ho visto comunque un cambiamento di gusti nelle letture delle persone. Le vedo più interessate, che cercano argomenti più approfonditi e cose più mirate.

Se ti guardi indietro e ripensi ai tuoi primi giorni di lavoro qui, che cosa ti viene in mente?

Ripensando al mio inizio, ripenso inevitabilmente all’entusiasmo della scoperta. Per me era tutto nuovo, mi ritrovavo in un ambiente che adoravo, ma al quale dovevo commisurare una reale prospettiva lavorativa; quindi, c’era il piacere di stare in mezzo ai libri, ma piano piano ho capito che il vero impegno consisteva nel prendersene cura, prendendosi anche cura dei clienti.

Ho dovuto ricalibrare quello che era il mio entusiasmo personale rispetto a quella che è la realtà di questa libreria. Negli anni quell’entusiasmo è diventato un affetto molto più profondo; la passione iniziale, per così dire, ha ceduto il passo all’amore vero e proprio, segnando il mio percorso emotivo all’interno di questo posto veramente unico.

Anna Sardano

Si ringraziano i librai di Acqua Alta, in particolare Diana Zanda e Luigi Frizzo.