Iperborea Giappone
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Iperborea esplora il Giappone senza cartina

Il Giappone è sempre un puzzle di cui riusciamo ad assemblare alcune tessere, ma il cui disegno complessivo rimane impenetrabile.

L’alone di mistero che avvolge il paese del Sol Levante e lo stupore inevitabile provocato dalla scoperta di qualcosa di nuovo sono certo dovuti alla sua lontananza geografica che è ‒ come spesso accade ‒ anche culturale. Iperborea tenta – con successo ‒ l’audace impresa di svelare qualche tassello in più di questo affascinate ed enigmatico paese, spingendo il lettore ben oltre i soliti cliché del sushi, dei manga (anche se One Piece è il fumetto più venduto al mondo) e dei kimono.

Il catalogo della casa editrice milanese Iperborea si arricchisce di una collana di libri magazine dedicata a reportage, inchieste e saggi narrativi che raccontano di volta in volta la vita di un paese, le abitudini dei suoi abitanti e i costumi meno conosciuti, attraverso lo sguardo di scrittori, giornalisti e intellettuali: The Passenger. Prima l’Islanda, poi l’Olanda e il Giappone.

Leggendo le pagine dedicate a quest’ultimo, scopriamo come la freddezza dei giapponesi sia solo apparente e come, al contrario, sia molto comune vedere giapponesi piangere in contesti pubblici e privati. L’atto è inteso come indice di sincerità e diventa quasi obbligatorio in occasioni specifiche come matrimoni e lauree. Questo popolo, in effetti, è dotato di una sensibilità particolare che ai nostri occhi occidentali potrebbe risultare addirittura illogica. Profondamente segnato dalla catastrofe dello tsunami dell’11 marzo 2011 è riuscito a reagire al profondo dolore solo “accogliendolo”: sono molte le esperienze di possessione che i sopravvissuti hanno avuto da parte degli spiriti delle vittime (se ne contano circa 16.000); tanti i casi di apparizioni spettrali di sconosciuti, amici e vicini di casa.

Ma i giapponesi, tradizionalmente seri e austeri, sono dotati anche di un’inattesa “leggerezza infantile” grazie alla quale riescono a sdrammatizzare alcune circostanze terribili come l’alto pericolo sismico del suolo che li ospita. E così scopriamo che Namazu, l’enorme pesce gatto sul cui dorso ‒ secondo il mito ‒ poggerebbe l’intero arcipelago giapponese e che scuotendosi provocherebbe i terremoti, compare ancora oggi su alcuni segnali stradali a ricordare la primitiva e inevitabile sorte a cui quest’isola è destinata.

A chi non è capitato di constatare una sostanziale somiglianza che connota ‒ o meglio, non connota ‒ l’intera popolazione giapponese? In realtà questa conserva al suo interno svariate differenze, difficili da cogliere se ci si limita a visitare grandi città come Tokyo. Nel nord dell’isola di Hokkaidō sopravvive un popolo indigeno, gli ainu, che solo alla fine del secolo scorso è stato riconosciuto dallo stato giapponese (la maggior parte della popolazione deriva dall’etnia yamato) come cultura autonoma e precedente ai “colonizzatori” (così gli ainu chiamano i giapponesi yamato). La loro cultura e le loro tradizioni sono oggi tutelate e studiate e la zona è diventata rapidamente meta di un ricercato turismo antropologico.

Certo il rapporto con il passato, anche per un giapponese contemporaneo, rimane un affare complesso. Il fenomeno degli “evaporati” fin dal XVII secolo fa scomparire milioni di persone. Uomini e donne che soprattutto per fallimenti economici – lo scoppio della bolla finanziaria negli anni Novanta ha portato al suicidio di intere famiglie – decidono di fuggire. Abbandonano il lavoro, i debiti, ma anche la casa, gli affetti e la propria identità. Come fantasmi si nascondono e confondono negli interstizi di Tokyo o nei complessi termali ai piedi del monte Fuji, dove i più fortunati trovano un nuovo lavoro, altri invece scelgono la “sparizione totale” tra i vapori sulfurei delle sorgenti (proprio da questa metafora deriva il termine “evaporato”). Con loro sono nati anche gli “evaporatori”, veri e propri agenti di sparizione che aiutano a tagliare tutti i ponti con il passato e a rifarsi una vita.

Perfino la voce di uno degli esponenti di spicco della letteratura nipponica, Murakami Ryū, si staglia contro il progressivo aumento di suicidi causato da quel “prosciugamento dei desideri” che ha inaridito la società odierna. Per questo anche l’aspirazione più futile (almeno all’apparenza) come avere una borsa di lusso, o il desiderio – moralmente discutibile – di avere rapporti sessuali a pagamento, diventa indispensabile per salvaguardare la salute mentale.

Il volume non si limita a sfatare i più noti luoghi comuni o a raccontarci qualche “chicca” aneddotica sulla cultura giapponese; ci offre uno sguardo concreto all’attualità socio-politica del paese attraverso una serie di inchieste condotte da giornalisti e studiosi esperti. È il caso della Nippon kaigi (“Conferenza del Giappone”), setta shintoista iper-conservatrice, che conta tra i suoi membri alti funzionari del governo e che minaccia di riformare la moderna Costituzione democratica in chiave militaristica, annullando gran parte dei diritti umani.

L’estetica della collana di Iperborea è curata nei minimi dettagli. I colori e la fattura delle copertine invitano a “varcare la soglia” del libro ‒ mutuando un’espressione di Gérard Genette ‒ a prenderlo in mano, rigirarlo e sfogliarlo. Una volta “entrati” si schiuderà un mondo di parole, colori e immagini che ci trasporterà in un paese e una cultura lontani, mai sembrati così vicini. The Passenger è una guida etnologica rivolta agli “esploratori del mondo” che non si limitano a visitare un paese straniero, ma ci si vogliono immergere con tutte le scarpe.

Noi siamo impazienti di farlo con il prossimo volume dedicato al Portogallo che verrà presentato giovedì 14 marzo in occasione della prima serata del BookPride a Milano.

Un’analisi più approfondita di Iperborea: Iperborea, oltre il vento del nord

 

Beatrice Toresi e Roberta Toraldo