Mondo Editoriale

Quando non moriv(a): la condizione della poesia oggi

La poesia è stata dichiarata in punto di morte innumerevoli volte, eppure, nonostante la diagnosi senza possibilità di scampo, non muore. Resiste.
Chissà perché è così poco amata da essere sempre inserita nel Fantamorte dei generi editoriali. Forse si è fatta troppi nemici a scuola, quando imparare a memoria le 467 parole de Il cinque maggio era considerato uno strumento di tortura, alla stregua di quelli utilizzati nel Medioevo?

Una raccolta di dati

La discriminazione che aleggia intorno alla poesia è chiara anche dalla difficoltà di reperire dati riguardanti la vendita e la lettura di questo genere. Nelle indagini Istat e AIE la poesia viene inghiottita dal genere narrativo, e tanti cari saluti a chi è interessato, in maniera specifica, solo ai dati che la riguardano.
I numeri di cui veniamo a conoscenza, però, parlano chiaro: l’Associazione Italiana Editori ci informa che i libri in versi, stampati nel nostro Paese, rappresentano solo il 6%.
I dati meno aggiornati di cui entriamo in possesso ci dicono che, nonostante ci abbiano abituati a notizie sconfortanti, la lettura di questo genere, tra il 2013 e il 2016, ha avuto un incremento dell’8% e, nel 2018, vi è stato un aumento delle vendite di libri di poeti italiani del 3,5%. Inoltre, secondo i dati Nielsen, sempre nel 2018 i libri di poesie venduti, considerando classici e contemporanei, sono stati 728. 683, pari quindi all’1%, circa, del totale del mercato editoriale. Può sembrare una percentuale irrisoria, ma basta guardare i dati del 2014, dove il totale dei libri di poesia venduti rappresentava solo lo 0,5% (con un totale di 527.560 libri), e ci rendiamo subito conto che, in realtà, la poesia sta lottando per la sua sopravvivenza.

La poesia e gli editori

Infatti, se molti grandi editori italiani, fino a poco tempo fa, avevano scelto di trascurare le loro collane di poesie più famose perché non abbastanza fruttuose, qualcosa sta cambiando. Una rapida ricerca su internet ci fa sapere che uno dei primi testi che ha pubblicato Guanda in questo 2020, appena cominciato, è una raccolta di poesie di Herman Hesse.
Sono, invece, già due i titoli pubblicati dalla colorata collana Lo Specchio, edita Mondadori: una nuova edizione di Apocalisse amore di Davide Rondoni e Le cose del mondo di Paolo Ruffilli.
Senza parlare della rassicurante costanza alla quale ci ha abituati Einaudi, con la sua Collezione di Poesie, meglio conosciuta come La Bianca, per la sua elegante copertina monocromatica disegnata da Munari, che, coraggiosamente, sforna anche dieci nuovi titoli all’anno, ristampandone più di duecentocinquanta di quelli già in catalogo e che, a febbraio, ha pubblicato Poemetti della sera di Aldo Nove.
Dunque, sembra esserci un rinnovato interesse nei confronti di questo genere dato per spacciato! E come è accaduto?

Una poesia ribelle

Vi dice qualcosa la parola Instapoet? Questa parola, preceduta da un cancelletto, vanta 3,3 milioni di post nell’iperuranio di Instagram. Instapoetry ne raccoglie ben 3,2 milioni e, attenzione, l’hashtag Poetry ne contiene quasi 40 milioni.
Il social network nato per lo scambio di immagini, infatti, col tempo si è aperto anche alla parola e, da qui, alla poesia.
La pubblicazione di poesie di grandi nomi dà la possibilità a tutti, anche a chi non avrebbe dato un euro a questo genere, di avere una finestrella aperta sul mondo della poesia e di ricredersi. Allo stesso tempo la libertà di esprimere il proprio pensiero, in versi, ci fa scoprire nuovi, giovani talenti.
A capo di questo moderno modo di intendere la poesia troviamo l’esempio della canadese Rupi Kaur, che, dopo un esordio su Instagram, con 3,9 milioni di follower, nel 2017, ha pubblicato il suo primo libro di poesie Milk&Honey, vendendone la bellezza di 3 milioni e mezzo di copie.

Non finisce qui la ribellione della poesia a questa morte annunciata.
Vi sarà sicuramente capitato, girando per le strade della vostra città, di vedere fogli contenenti poesie incollati sui muri o grandi lettere in corsivo che compongono brevi versi. È opera del MeP: un movimento apartitico che mira alla diffusione della poesia contemporanea. Fondato a Firenze, nel 2010, da un gruppo di poeti anonimi, ha scelto la strada come luogo di auto-pubblicazione perché è di tutti, esattamente come deve esserlo la poesia. Infatti, il Movimento per l’Emancipazione della Poesia non seleziona, non critica e non censura nessuna delle poesie, considera la poesia una necessità, forse non del tutto compresa da piccoli e grandi editori.

La necessità della poesia

Che quella della poesia sia una necessità è chiaro anche dal fatto che in Italia abbiamo più “poeti” che lettori. Sono, infatti, 3 milioni gli italiani che scrivono poesie. Basti pensare alla Poetry Slam, la competizione in cui ci si sfida a colpi di versi. Questa disciplina, che viene dalla strada, come il rap, riesce a coniugare scrittura e performance e le sfide avvengono sia in posti consacrati all’arte come il teatro, che in luoghi familiari a tutti come il pub.
È per questo motivo che nel 2013 è nata LIPS, con l’esigenza di unificare queste sfide in un campionato unico e per qualificare i poeti italiani e farli conoscere anche all’estero.
Se vi state chiedendo cosa c’entri questo con l’editoria vi consiglio di dare uno sguardo ai bestseller di poesie di Amazon: al primo posto c’è Scriverò finché avrò voce di Simone Savogin, tre volte campione italiano di Poetry Slam e, conosciuto dal grande pubblico, grazie all’edizione 2019 di Italia’s got talent.

Ma allora la poesia è viva! È uscita dai libri perché se ne stampano pochi. Danza per le strade, volteggia fino alle orecchie di chi vuole ascoltarla, va addirittura in televisione, corre sotto le nostre dita quando scrolliamo la home di Instagram.
Eppure, quanto è bella una poesia dentro un libro? Lì, a portata di mano, da leggere all’occorrenza per farci stare bene, come una medicina; con l’odore di carta stampata che aiuta la memoria olfattiva a imprimere meglio i versi nella nostra mente.
Perché i dati parlano chiaro: la poesia è un bisogno e speriamo che lo tengano sempre a mente anche le nostre case editrici.

Anna Mazza